12 anni di guerra in Siria

A 12 anni  dallo scoppio della guerra in Siria, oltre il 60% della popolazione soffre la fame, con i prezzi dei beni alimentari che sono raddoppiati nell’ultimo anno. Alla povertà e alla pandemia si sono aggiunti  la guerra in Ucraina e il terremoto del 6 e 20 febbraio, spingendo il paese sull’orlo del baratro. E’ l’allarme lanciato da Save The Children.

Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di morti, sfollamenti di massa e distruzione di infrastrutture civili. 350.209 persone sono state uccise nel conflitto in Siria tra marzo 2011 e marzo 2021. Quasi una persona su 13 era un bambino.

La Siria affronta la peggiore crisi economica dall’inizio della guerra nel 2011 e questo ha portato all’aumento del numero dbambine e bambini malnutriti nel nord-est della Siria di oltre il 150% negli ultimi sei mesi

La guerra in Siria 

Tutto ebbe inizio nel febbraio 2011, quando migliaia di persone manifestarono pacificamente per chiedere le dimissioni del presidente  Bashar al-Assad e l’eliminazione della struttura istituzionale monopartitica del Ba’ath, a favore della democrazia nel Paese.

Il 15 marzo 2011 in Siria iniziarono una serie mobilitazioni pacifiche in tutto il paese contro il governo, per chiedere la fine del regime di Assad,  ma le forze del presidente  iniziarono sparare sulla folla. Da quel momento le rivolte contro il regime si diffusero in tutto il paese, da Aleppo a Damasco. Università e moschee diventarono l’epicentro della rivolta. L’Occidente, alcuni Paesi arabi e la Turchia si schierarono a favore dei ribelli, mentre la Russia con il regime di Assad. 

La rivoluzione si trasformò in un conflitto sempre più radicalizzato tra esercito fedele al presidente Assad e i gruppi armati dell’esercito siriano libero. Quest’ultimo, nel 2013 fu sostituito da forze islamiste e jihadiste, a partire dal Fronte Al Nusra. 

Nel 2014 giunse la proclamazione del califfato islamico tra Siria ed Iraq e molti territori andarono sotto il controllo dell’Isis. La svolta del conflitto a favore di Assad arrivò con l’intervento militare della Russia, durato due anni. 

Nell’ottobre 2017, dopo la prima incursione turca nel nord della Siria in funzione anti-curdi, la Turchia mise “12 posti di osservazione”, nella provincia di Idlib. L’obiettivo era estendere l’influenza turca nel nord della Siria e prevenire un eventuale attacco delle forze di Assad.

Nel 2018 Russia e Turchia raggiunsero l’accordo per creare una zona demilitarizzata, all’interno della provincia di Idlib. Ma nessuno rispettò a pieno i termini dell’intesa.

Nel 2020 le due parti raggiunsero il cessate il fuoco, mentre attacchi aerei, bombardamenti e combattimenti a terra si intensificarono nelle aree oltre le linee di conflitto nord-occidentali, portando all’uccisione di centinaia di civili e allo sfollamento di più di 850.000 persone e impedendo la fornitura di aiuti umanitari a Hama settentrionale, Idlib meridionale e Aleppo occidentale.

A maggio 2022 il presidente turco Recep Tayyip Erdogan annunciò una nuova operazione militare lungo i suoi confini meridionali per creare una “zona di sicurezza” di 30 chilometri e contrastare le minacce terroristiche in quella zona. La risposta della Russia non si è fatta attendere, invitando Ankara ad abbandonare l’idea di condurre un’operazione militare nel nord della Siria, a danno dei curdi.

Le sanzioni

Con il terremoto l’Ue non ha allentato le  restrizioni che gravano sulla Siria, anche se le sanzioni . Nell’ambito dell’approccio mirato dell’UE all’uso di sanzioni, quelle nei confronti della Siria sono concepite in modo da non ostacolare la fornitura di assistenza umanitaria.

A maggio 2022 il Consiglio europeo ha prorogato di un altro anno, fino al 1º giugno 2023 le misure restrittive dell’UE nei confronti del regime siriano a causa della repressione che continua a esercitare contro la popolazione civile del paese.

Gli Stati Uniti a seguito dei terremoti hanno deciso di sospendere le sanzioni per sei mesi, al fine di facilitare l’accesso degli aiuti nel paese.

Le sanzioni europee nei confronti della Siria sono state introdotte nel 2011 in risposta alla violenta repressione della popolazione civile e sono dirette anche a società e noti imprenditori che traggono vantaggio dai loro legami con il regime e dall’economia di guerra. Le misure restrittive includono anche un embargo sulle importazioni di petrolio, restrizioni su alcuni investimenti, il congelamento dei beni della banca centrale siriana detenuti nell’UE e restrizioni all’esportazione di attrezzature e tecnologie che potrebbero essere usate a fini di repressione interna, nonché di attrezzature e tecnologie per il monitoraggio o l’intercettazione delle comunicazioni telefoniche o online.

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