Afghanistan, il movimento di protesta della donne afghane all’Onu: ‘Riconoscere i talebani è una condanna a morte’

“Siamo estremamente preoccupate per la posizione di Amina J. Mohammed e le chiediamo chiarezza in merito le sue osservazioni. Mettiamo in guardia le Nazioni Unite sulle conseguenze di un eventuale riconoscimento  dei talebani che hanno preso il controllo del Paese con la forza e la violenza”. Ha dichiarato la rappresentante del movimento di protesta delle donne afghane.

La risposta del movimento arriva dopo che Amina Mohammed, vicesegretaria generale delle Nazioni Unite, ha annunciato l’intenzione di tenere un incontro nei paesi della regione nei prossimi giorni per discutere del riconoscimento dei talebani, sottolineando la necessità di interagire con il gruppo per ritenerli responsabili delle loro azioni.

Il movimento sostiene  che riconoscere un gruppo responsabile di diffuse violazioni dei diritti umani non solo condannerebbe a morte le donne afghane, ma aggraverebbe anche l’instabilità e la crisi nel paese.

“I talebani hanno trasformato ancora una volta l’Afghanistan in un rifugio sicuro per terroristi e criminali. Il riconoscimento dei talebani non è solo una condanna a morte per le donne dell’Afghanistan che porterà solo a un’ulteriore crisi”. Si legge nella loro dichiarazione.

Il movimento chiede al Segretario Generale  António Guterres di ritirare la dichiarazione di Amina J. Mohammed e di rilasciare una dichiarazione di rinuncia.

“La comunità internazionale non deve ignorare la resistenza del popolo afghano, in particolare la resistenza civica delle donne afgane alla brutalità dei talebani. Ci aspettiamo che le Nazioni Unite esercitino una forte pressione sui talebani affinché accettino le richieste ei valori del popolo afghano. Le Nazioni Unite hanno il dovere morale di schierarsi con le donne afghane nella loro richiesta di diritti umani garantiti a livello internazionale.” Si legge nel comunicato rilasciato dal movimento.

Dopo l’editto dei talebani che vieta alle donne di lavorare alle Nazioni Unite e in altre organizzazioni non governative, l’Onu ha   chiesto ai  suoi dipendenti afghani di non presentarsi presso gli uffici almeno fino al 5 maggio. Durante questo periodo- si legge nel comunicato- le Nazioni Unite in Afghanistan condurranno le necessarie consultazioni, apporteranno i necessari adeguamenti operativi e accelereranno la pianificazione di emergenza per tutti i possibili risultati.

Il dilemma è complicato. Da un lato, mantenere la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan e cercare di lavorare sotto regole così discriminatorie  significherebbe sottostare all’ideologia estremista dei talebani.
Dall’altra il ritiro delle Nazioni Unite dal Paese avrebbe delle gravi conseguenze. Circa 19,9 milioni di persone, ovvero quasi la metà della popolazione, affrontano un’”acuta insicurezza alimentare”. Oltre 6 milioni di persone affrontano “l’insicurezza alimentare a livello di emergenza”.

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