Afghanistan, all’incontro di Doha si potrebbe discutere del riconoscimento dei talebani

Lo scorso 17 aprile il vice segretario generale delle Nazioni Unite, Amina Mohammed, ha annunciato l’intenzione di tenere un incontro per discutere sulla possibilità di riconoscere i talebani, sottolineando la necessità di un impegno con le autorità fondamentaliste. L’incontro si terrà a Doha, in Qatar, l’1 e  2 maggio, e vedrà la partecipazione degli inviati speciali in Afghanistan.

L’annuncio del vice segretario ha determinato una serie di reazioni e proteste.

L’inviata speciale degli Stati Uniti, Rina Amiri, ha dichiarato che “non ci sarà alcuna normalizzazione dei rapporti con i talebani senza il rispetto dei diritti di tutti gli afghani, soprattutto delle donne.”.

Un gruppo di organizzazioni internazionali ha scritto una lettera al Segretario Generale Antonio Guterres, invitandolo a dare priorità ai diritti umani delle donne e delle ragazze in Afghanistan. “Le donne afgane sono state chiare: l’incapacità di garantire la loro partecipazione significativa renderà illegittimo qualsiasi discussione, risultato o decisione presa senza di loro” – hanno scritto le organizzazioni. 

“Il mancato rispetto da parte della comunità internazionale dei propri obblighi internazionali per proteggere i diritti umani e l’uguaglianza di genere non solo avrà conseguenze dirette e devastanti per le donne afgane, ma creerà un pericoloso precedente per il modo in cui i diritti delle donne vengono affrontati in altri conflitti e crisi in tutto il mondo” hanno aggiunto.

L’annuncio del vice segretario delle Nazioni Unite ha determinato anche la protesta del movimento delle donne afghane e di altri attivisti e intellettuali afghani.

“I talebani hanno trasformato ancora una volta l’Afghanistan in un rifugio sicuro per terroristi e criminali. Il riconoscimento dei talebani non è solo una condanna a morte per le donne dell’Afghanistan che porterà solo a un’ulteriore crisi”. Si legge nel comunicato  del movimento.

“La comunità internazionale non deve ignorare la resistenza del popolo afghano, in particolare la resistenza civica delle donne afgane alla brutalità dei talebani. Ci aspettiamo che le Nazioni Unite esercitino una forte pressione sui talebani affinché accettino le richieste ei valori del popolo afghano. Le Nazioni Unite hanno il dovere morale di schierarsi con le donne afghane nella loro richiesta di diritti umani garantiti a livello internazionale.” Prosegue il comunicato rilasciato dal movimento.

Un collettivo di attivisti, scrittori, intellettuali, accademici e difensori dei diritti umani dell’Afghanistan, si dicono preoccupati per un’ eventuale iniziativa delle Nazioni Unite che potrebbe portare al riconoscimento dei talebani come governo legittimo dell’Afghanistan.

I firmatari della lettera aperta  indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres,  invitano le Nazioni Unite e i suoi Stati membri a sospendere l’imminente incontro a Doha per discutere il riconoscimento dei talebani,  e a dare ” una spiegazione pubblica sulle controverse osservazioni del sottosegretario generale, la signora Amina Mohammad, che ha mancato di rispetto ai sacrifici del popolo afghano, in particolare delle sue donne, che sono in prima linea nella resistenza a un regime totalitario”.

“Quelli come noi che hanno vissuto il loro governo brutale durante la fine degli anni ’90 e hanno subito i loro atti di terrorismo negli ultimi due decenni sono giunti a capire che è improbabile che i talebani modifichino le loro politiche o ideologia per convenienza politica. Sono un regime ideologico e probabilmente lo rimarranno indipendentemente da eventuali ulteriori concessioni” scrivono nella lettera gli attivisti.

 

Tabish Forugh, un’ attivista per la democrazia e firmatario della lettera, ha dichiarato:
“Credo che impegnarsi con i talebani senza il coinvolgimento del popolo afghano sia molto pericoloso per le Nazioni Unite e il suo perseguimento della pace e della sicurezza globali. I talebani hanno una lunga storia di violazioni dei diritti umani e legittimare un regime così repressivo costituirebbe un pericoloso precedente”.

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