All’Italia serve una legge sul lobbying

Il caso “Qatargate” è la prova tangibile che è necessario approvare  leggi che regolamentino il conflitto di interessi e le attività di lobbying anche in Italia. I codici di condotta di Camera e Senato non sono sufficienti per garantire adeguati standard di trasparenza, ridurre i conflitti di interessi e ridurre il rischio di casi di corruzione.

Ogni giorno parlamentari, ministri, sindaci, consiglieri, assessori, presidenti di regione e funzionari pubblici prendono decisioni che inevitabilmente impattano sulla vita dei cittadini.
Ma come vengono prese queste decisioni?  Chi ascoltano?
Secondo l’associazione The Good Lobby, in Italia non sappiamo chi contribuisce a influenzare le decisioni pubbliche.

Cos’è il  lobbying

Il lobbying è un’attività democratica svolta da gruppi molto diversi tra loro (organizzazioni non-profit, grandi aziende, associazioni di categoria, ecc.) con l’intenzione di influenzare una politica pubblica in discussione in Parlamento o in un ministero. L’attività del lobbista se svolto in norma di legge non ha nulla a che vedere con la corruzione e l’affarismo.

Per esempio, nel 2008 il ministero degli Esteri e l’Eni hanno firmato un accordo, emerso grazie alle ricerche di ReCommon, per raccordare gli interessi dell’azienda con l’azione diplomatica di stato. In sostanza Eni ha piazzato i suoi uomini al Ministero e 3/4 delle missioni militari italiane sono per difendere gli interessi petroliferi e di gas del cane a sei zampe.

L’Italia ha bisogno di una legge sul lobbying 

Il punto nero è che in Italia il processo di influenza sulle decisioni pubbliche si presenta opaco e non regolamentato. Di conseguenza la mancanza di trasparenza potrebbe far prevalere gli interessi di pochi sull’intera collettività.

Questa mancanza di trasparenza ha contribuito a demonizzare un’attività che è invece legittima e parte integrante della democrazia. Perché il fatto che diversi gruppi di interesse, sia privati che della società civile, cerchino di influenzare le scelte dei decisori pubblici, fa parte del processo democratico. Soltanto la presenza di più voci e il confronto tra diversi punti di vista può generare un dibattito informato sui temi di interesse collettivo. Ecco perché il diritto di rappresentanza degli interessi va regolamentato, tutelato ed esteso.

Oltre 96 disegni di legge in più di 50 anni non sono riusciti a produrre un testo che regolamenti il lobbying in Italia, mantenendo opaco un processo – quello della formazione delle decisioni pubbliche – che dovrebbe invece essere aperto e alla luce del sole.

Nel gennaio 2022 la Camera dei Deputati ha approvato la legge sul lobbying anche grazie all’impegno della coalizione #Lobbying4Change, formata  da 40 organizzazioni della società civile. Mentre si stava facendo pressione sul miglioramento della legge è caduto il Governo proprio una settimana prima del voto in Aula.

L’associazione The Good Lobby nella petizione online propone una serie di strumenti per regolamentare le lobby: l’istituzione di un registro pubblico obbligatorio per i lobbisti, un’agenda pubblica degli incontri, sanzioni e consultazioni pubbliche. 

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