Brasile, migliaia di cercatori d’oro illegali minacciano le popolazioni indigene

Migliaia di cercatori d’oro illegali minacciano le comunità indigene dell’Amazzonia, in particolare nella riserva di Yanomami. Il nuovo rapporto della Hutukara Associação Yanomami ha fornito immagini e dati in merito al disastro causato dall’invasione delle miniere illegali.

Mauricio Iximaweteri, operatore sanitario leader della comunità di Ixima, commenta la situazione critica che stanno affrontando gli Yanomami.

Chi sono i Yanomami 

Gli Yanomami sono una delle più numerose tribù del Sud America a vivere in relativo isolamento. Abitano nelle foreste pluviali e sui monti al confine tra il Brasile settentrionale e il Venezuela meridionale. 
Il primo contatto stabile tra gli Yanomami e gli esterni è avvenuto negli anni ’40 quando il governo brasiliano inviò delle equipe per delimitare la frontiera con il Venezuela.  L’arrivo di queste persone portò le prime epidemie di morbillo e influenza, che provocarono la morte di molti Yanomami.

Dopo una lunga campagna internazionale condotta da David Kopenawa Yanomami, da Survival International e dalla CCPY (la Commissione Pro Yanomami), nel 1992 la terra brasiliana degli Yanomami fu demarcata come “Parco Yanomami” e i cercatori d’oro furono espulsi. 

 Nel 1993, un gruppo di garimpeiro assalì il villaggio di Haximú e assassinò brutalmente 16 Yanomami, tra cui un neonato. I cercatori d’oro rientrarono riaccendendo le tensioni. Nel 1993, un gruppo di garimpeiro assalì il villaggio di Haximú e assassinò brutalmente 16 Yanomami, tra cui un neonato.

A seguito di una vasta protesta nazionale e internazionale, un tribunale brasiliano riconobbe cinque cercatori d’oro colpevoli di genocidio. Due stanno scontando la condanna in carcere ma gli altri sono latitanti. Si tratta di uno dei pochi casi al mondo in cui un tribunale ha condannato qualcuno per genocidio.

Il rapporto sulla riserva di Yanomami

Secondo i dati del rapporto “Yanomami sotto attacco“, nel 2021 l’estrazione illegale è aumentata del 46% rispetto al 2020. Due anni fa, c’era già stato un balzo del 30% rispetto al periodo precedente. All’inizio del monitoraggio, nell’ottobre 2018, l’area totale distrutta dall’attività mineraria era di poco più di 1.200 ettari, la maggior parte concentrata nei fiumi Uraricoera e Mucajaí. Da allora, la superficie interessata è più che raddoppiata, raggiungendo a dicembre 2021 un totale di 3.272 ettari.

Le comunità direttamente interessate dall’attività mineraria illegale sono 273, coprendo più di 16.000 persone, ovvero il 56% della popolazione totale. In queste aree le attività minerarie hanno portato a un’esplosione di casi di malaria e altre malattie infettive, con gravi conseguenze per la salute e l’economia, e uno spaventoso aumento delle violenze contro gli indigeni, comprese anche le violenze sessuali nei confronti di donne e bambini. 

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Immagine: Hutukara Associação Yanomami

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