Il 13 aprile è stato pubblicato il rapporto Banking on Climate Chaos 2023, promosso da centinaia di associazioni della società civile, tra cui l’italiana ReCommon, che parla in dettaglio del massiccio sostegno delle banche all’industria fossile.
Il rapporto mostra come, nei sette anni trascorsi dall’adozione dell’Accordo di Parigi, le 60 maggiori banche private del mondo abbiano finanziato i combustibili fossili con 5.500 miliardi di dollari. Tra questi ci sono anche le due più grandi banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, che dal 2016 hanno concesso all’industria fossile rispettivamente 43 e 22 miliardi di dollari in termini di prestiti e sottoscrizioni.
A capo delle principali banche che finanziano i combustibili fossili a livello globale, 2016-2022, c’è la Jp Morgan Chase, seguono Citi, Wells Fargo e Bank of America.
La pubblicazione mette in evidenza come il 2022 sia stato un anno di lauti profitti per le società coinvolte nel business del gas naturale liquefatto (GNL) che, con la guerra in Ucraina e la graduale fine dell’indipendenza Ue dal gas russo, hanno approfittato della crescita della domanda per espandere la propria attività. Infatti, le prime trenta aziende del settore del GNL hanno utilizzato la crisi per assicurarsi quasi il 50% in più di finanziamenti nel 2022 rispetto al 2021.
“Ci troviamo ogni anno a commentare questi finanziamenti che sono in costante aumento, nonostante l’urgenza della crisi climatica. Anche Intesa Sanpaolo e UniCredit, le principali banche italiane, sembrano ignorare gli allarmi della comunità scientifica continuando ad alimentare l’espansione dell’industria dei combustibili fossili e fiutando nuove opportunità di business, come nel caso del GNL. Nuovi affari e profitti a danno del clima e delle comunità maggiormente esposte agli impatti del cambiamento climatico”, il commento di Daniela Finamore, campaigner finanza e clima di ReCommon.
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