Il prezzo della benzina è vicino alla soglia di due euro al litro, nonostante il taglio delle accise, prorogato fino all’8 luglio. Si tratta di una congiuntura internazionale determinata da una serie di fattori: la guerra russa in Ucraina, l’aumento della domanda dopo il lockdown a Shanghai, le politiche dell’Opec+, l’inflazione e l’embargo europeo sul petrolio russo.
Le cause
Innanzitutto ci troviamo in un periodo di ripresa economica post covid, di conseguenza la crescita economica è accompagnata da un aumento della domanda rispetto all’offerta, e quindi il prezzo del petrolio tende ad aumentare. Inoltre, la Cina ha decretato la fine del lockdown di Shanghai, che è uno maggiori snodi commerciali a livello globale.
L’altra causa è l’embargo europeo sul petrolio russo, al fine di interrompere il finanziamento alla guerra russa in Ucraina. Questa decisione è bastata per sconvolgere il mercato petrolifero, visto che la Russia è uno dei principali produttori di petrolio mondiali e tra i principali fornitori europei.
I prezzi dipendono soprattutto dalle politiche dell’Opec+ che mantiene la produzione del petrolio sui 400mila barili di petrolio al giorno, nonostante la richiesta degli Usa, dell’Ue e di altri stati non-Opec di aumentare la produzione per far abbassare il prezzo. Ma secondo quanto riferisce Bloomberg si sarebbe raggiunto un accordo per un aumento del greggio di 648 mila barili al giorno per i mesi di giugno, luglio e agosto.
Il petrolio costa di più anche a causa dell’inflazione che corre dall’inizio del 2022. Di conseguenza costano di più anche le varie fasi industriali: dall’estrazione alla trasformazione del petrolio in benzina e gasolio.