Lo scorso 19 dicembre, la Corte di Cassazione ha stabilito che la coltivazione domestica di cannabis in piccole quantità (utilizzo per se stessi) non costituisce reato. In tal modo non viene pregiudicata la salute pubblica o messa in pericolo dal singolo assuntore di marijuana.
La sentenza della Corte pur non avendo un carattere vincolante, assume comunque un valore autorevole e orientativo per quei giudici che dovranno emettere future sentenze in questo campo.
L’orientamento precedente
In passato sulla materia si era espressa la Corte Costituzionale, affermando il divieto di coltivazione della cannabis indipendentemente dalle quantità. Secondo la Corte la coltivazione delle piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti costituiva una minaccia al bene della salute pubblica. La stessa Corte di Cassazione ne aveva condiviso i principi.
Cosa succede in altri Paesi
Il primo paese ad aver legalizzato la cannabis è stato l’Uruguay a partire dal 2014.
L’Olanda ha eliminato la pena sul possesso, coltivazione, vendita e trasporto. In Spagna è possibile coltivare e fumare cannabis ma all’interno delle mure domestiche, mentre fumarla fuori è illegale. Il Portogallo nel 2001 ha depenalizzato su tutte le droghe, ma si rischia l’arresto se viene superato il fabbisogno individuale.
Negli Stati Uniti, solo il Colorado ha legalizzato la cannabis, mentre in 14 stati l’utilizzo delle droghe è stato depenalizzato. In Canada, l’utilizzo è illegale, ma per usi famacologici o industriali può essere autorizzato dal Governo.
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