Iran, Arabia Saudita e Kazakistan, USA e Cina essendo i principali responsabili delle emissioni globali, sono alle ultime posizioni della classifica stilata da Climate Change Performance Index 2023, il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta redatto da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia.
Le performance hanno come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030 e vengono misurate attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.
I Paesi che guidano la corsa verso le emissioni 0
In cima alla classifica ci sono i Paesi scandinavi che continuano a guidare la corsa verso emissioni zero, nonostante la crisi energetica. Danimarca e Svezia, nello specifico, si posizionano rispettivamente al quarto e quinto posto, soprattutto grazie al loro impegno per l’abbandono delle fonti fossili e nello sviluppo delle rinnovabili. Seguono Cile, Marocco e India che rafforzano l’azione climatica, nonostante le loro difficili situazioni economiche. Ma restano la prima, seconda e terza posizione.
I principali paesi responsabili delle emissioni
In fondo alla classifica troviamo, invece, Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Iran, Arabia Saudita e Kazakistan.
La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, scivola al 51° posto perdendo ben 13 posizioni rispetto allo scorso anno: nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili, le emissioni cinesi continuano a crescere per il forte ricorso al carbone e la scarsa efficienza energetica del sistema produttivo. Un gradino più in basso, al 52° posto, si piazzano gli Stati Uniti, secondo emettitore globale che però guadagna tre posizioni rispetto allo scorso anno: un risultato attribuibile alla nuova politica climatica ed energetica dell’Amministrazione Biden che inizia a dare i suoi primi frutti, grazie al considerevole sostegno finanziario all’azione climatica previsto dall’Inflation Reduction Act.
Tra i Paesi del G20 solo India (8^), Regno Unito (11°) e Germania (16^) si posizionano nella parte alta della classifica, mentre l’Unione Europea sale di tre gradini rispetto allo scorso anno, raggiungendo il 19° posto grazie a nove Paesi posizionati nella parte alta della classifica, frenata però dalle pessime performance di Ungheria e Polonia che continuano a essere fanalino di coda.
L’Italia
L’Italia mostra un certo immobilismo nel raggiungimento delle performance climatiche. Le cause sono riconducibili al rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili – che vede l’Italia 33esima nella classifica specifica – e a una politica climatica nazionale ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza climatica. L’attuale Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), infatti, consente un taglio delle emissioni di appena il 37% rispetto al 1990 entro il 2030.
Secondo Climate Analytics, in Italia è possibile raggiungere almeno il 60% nel mix energetico e fino al 90% nel mix elettrico entro il 2030 e arrivare al 100% di rinnovabili nel settore elettrico già nel 2035, creando così le condizioni per giungere alla neutralità climatica ben prima del 2050. Una scelta già fatta dalla Germania, che si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2045 con il 100% di produzione elettrica rinnovabile entro il 2035.
Secondo Elettricità Futura, in Italia un’accelerazione delle rinnovabili coerente con il REPowerEU comporta benefici davvero importanti per l’economia, la società e l’ambiente.
Fonti
Legambiente Italia
Report del CCPI 2023 reperibile qui
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