La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per non aver protetto una donna e i suoi figli vittime di violenza domestica terminata in tragedia. Lo Stato dovrà risarcire alla donna 32 mila euro per danni morali.
Il caso è del piccolo Michele ucciso dal padre Niccolò Patriarchi, mentre era in braccio alla mamma Annalisa Landi, che tentò di salvare il bambino. In casa era presente anche l’altra figlia di 7 anni che la mamma salvò facendo da scudo.
Dalla sentenza della Corte emerge che la donna era stata già aggredita tre volte dal compagno, nel novembre del 2015, nel settembre 2017 e nel febbraio 2018, e che avesse sporto diverse denunce. Nonostante l’apertura del procedimento per violenza domestica e la presa d’atto della pericolosità dell’uomo, durante l’inchiesta non venne presa alcuna misura per proteggere la donna e i suoi figli.
Nel ricorso alla Corte, la donna sosteneva che lo Stato italiano avesse violato il suo diritto alla vita e quello dei figli, e che la violazione fosse imputabile in parte a un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne da parte dei giudici.
La sentenza
La Cedu ha dato ragione ad Annalisa, ma non sull’aggravante discriminatoria. “I procuratori – si legge nella sentenza – sono rimasti passivi di fronte ai gravi rischi che correva la donna e con la loro inazione hanno permesso al compagno di continuare a minacciarla e aggredirla”. Per la Corte i giudici italiani avevano il dovere di effettuare la verifica dei rischi di nuove violenze dell’uomo e di prendere tutte le misure necessarie per prevenirli e difendere la donna e i suoi figli. Questo però non è evvenuto, nonostante sapessero dei rischi.