Come nasce ‘Ambiente Svenduto’, uno dei processi ambientali più importanti d’Italia

Il 31 maggio2021 è stata letta la sentenza di  “Ambiente Svenduto“, uno dei processi ambientali più importanti d’Italia.
Il processo, il cui dibattimento si è concluso il 19 maggio 2021, ha visto imputati 44 persone fisiche (dirigenti, politici ed imprenditori) e tre aziende (Riva, Riva Fire e Riva Forni elettrici).

Un passo indietro: la questione ambientale

La questione ambientale di Taranto è esplosa nel febbraio del 2008, quando PeaceLink,  vedendo un pascolo vicino al siderurgico, commissionò delle analisi su un pezzo di formaggio.

Dalle analisi emerse  che le concentrazioni di diossina e Pcb erano tre volte superiori ai limiti di legge. Il 27 febbraio 2008, Peacelink presentò un esposto in Procura, mentre l’Asl di Taranto autorizzò l’abbattimento dei capi di bestiame, decretando la fine delle attività imprenditoriali per i risicati ristori.

Nel 2009 l’Asl di Taranto propose al ministero della Salute un progetto per verificare il nesso tra inquinamento e danni sanitari. Venne finalmente istituito il Registro tumori regionale. Nonostante i dati preoccupati del benzo(a)pirene, il Governo rinviò  l’adozione del valore di benzo(a)pirene al 31 dicembre 2012.

Nel contempo l’Ilva fece pervenire alla giunta regionale alcune richieste: la riformulazione del punto relativo al monitoraggio della diossina, l’eliminazione delle videoregistrazioni sull’emissioni di diossina diffuse, l’installazione dei sistemi abbattimento sui camini della cokeria e l’impermealizzazione dei parchi minerali.
La Regione vincolò il rilascio dell’AIA, e accolse solo il campionamento delle diossine, e rimise altre richieste alla Conferenza  dei servizi . Subito dopo la  ministra  Prestigiacomo rilasciò  in bianco la certificazione AIA, provocando la protesta dei sindacati, delle associazioni ambientaliste e dei cittadini in generale.

Nello stesso anno, il Gip Todisco commissionò due perizie. I dati che emersero furono i seguenti:

  • Sarebbero 386 i morti (30 morti per anno) attribuibili alle emissioni industriali. Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
  • Sono 237 i casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno) attribuibili alle emissioni industriali.
  • Sono 247 gli eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno) attribuiti alle emissioni industriali. Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi.
  • Sono 937 i casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) (in gran parte tra i bambini) attribuiti alle emissioni industriali.
  • Sono 17 i casi di tumore maligno tra i bambini con diagnosi da ricovero ospedaliero attribuibili alle emissioni industriali.
  • I periti hanno concluso che l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione “fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.

Lo scontro tra Procura e Governo italiano

Il 26 luglio 2012 il Gip Todisco firmò l’ordinanza di sequestro di sei impianti dell’area a caldo. Emilio Riva, il figlio, e l’ex direttore dello stabilimento  vennero arrestati con l’accusa di disastro ambientale.

A novembre fu ordinata la confisca della produzione e l’incriminazione dei nuovi vertici del gruppo, l’ex prefetto Bruno Ferrante, e il nuovo direttore Adolfo Buffo, con l’accusa di non aver adottato le prescrizioni per limitare le emissioni.  Iniziò così un duro scontro tra la Procura e il Governo italiano.

Il 3 dicembre 2012 il Governo approvò  il decreto -legge n.207/2012 che, in materia  di “crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionali” con numero di dipendenti non inferiore a duecento unità, stabiliva che il ministro dell’Ambiente poteva autorizzare in sede di “riesame dell’autorizzazione integrata ambientale” (AIA), la prosecuzione dell’attività produttiva per un tempo non superiore a 36 mesi, a condizione che vengano rispettate le prescrizioni imposte nel medesimo provvedimento.

Inoltre, il Governo con la legge 231/2012 autorizzò lo stabilimento a commercializzare lavorati e semilavorati sotto sequestro, nonostante i dubbi di costituzionalità sollevati dalla Procura di Taranto.

Intanto la Procura di Milano emise nei confronti della famiglia Riva un ordine di sequestro di 1,2 miliardi di euro per l’inchiesta reati finanziari. Secondo la Procura i Riva nascosero  gran parte del patrimonio aziendale nei conti hoffshore. Subito dopo il Gip Todisco dispose  il sequestro per 8,1 miliardi di euro del patrimonio Riva, cifra stimata dai tecnici per adeguare gli impianti dello stabilimento.

Il governo Letta autorizzò il commissariamento affidandolo a Enrico Bondi e Edoardo Ronchi. I commissari si sarebbero dovuti occupare del piano ambientale ed aziendale.

Giunse il Governo Renzi che affidò a Pietro Gnudi il compito di trovare un nuovo acquirente, e a Corrado Carruba  la gestione degli aspetti ambientali.

Nel 2014 la Consulta annullò la confisca degli 8,1 miliardi ordinata dal Gip Todisco. L’Ilva fu dichiarata fallita e sottoposta a regime di amministrazione straordinaria. Il piano del Governo Renzi fu il trasferimento della società a una società pubblica, risanarla da un punto di vista ambientale per poi rimetterla sul mercato.

Mentre il governo perseguiva il risanamento ambientale, introdusse lo scudo penale per i commissari straordinari.

Nel 2016 la  ministra dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, pubblicò il bando di messa in vendita dello stabilimento. Le due cordate concorrenti furono due: AcciaItalia, costituita dal gruppo indiano Jindal, Arvedi, Delfin e da Cassa Depositi e Prestiti; l’altra cordata fu Am Investco con ArcelorMittal e Mercegaglia. Il Governo estese ulteriormente lo scudo penale e amministrativo ai futuri acquirenti o affittuari dello stabilimento.

Il maxi processo Ambiente Svenduto

Il 17 maggio 2016 iniziò il maxi processo Ambiente Svenduto. Tra gli imputati figuravano i fratelli Nicola e Fabio Riva, figli di Emilio (morto il 30 aprile 2014), ex amministratori dell’Ilva, accusati insieme all’ex responsabile delle relazioni esterne Girolamo Archinà, all’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, al consulente legale dell’azienda Francesco Perli e a cinque fiduciari, di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.

Dopo qualche mese, vennero incriminati l’ex Presidente della Regione Puglia, Nicki Vendola, l’ex assessore all’ambiente Nicastro e l’ex assessore alle politiche giovanili, Nicola Fratoianni, per tentata concussione nei confronti dei vertici ARPA;  il presidente della provincia Florido e l’assessore all’ambiente Conserva, per concussione di un dirigente; l’ex sindaco di Taranto, Stefanò, accusato di omissione di atti di uffici e per non aver preso le adeguate misure per la salvaguardia della salute dei cittadini; il direttore dell’Arpa accusato di favoreggiamento; e infine alcuni esponenti di Legambiente,  associazioni cittadine e professionisti.

Il  5 giugno 2017 il Governo accettò l’offerta di 1,8 miliardi di euro della cordata di ArcelorMittal. Il contratto prevedeva l’affitto con l’obbligo di acquisto dello stabilimento. L’offerta prevedeva investimenti per circa 2,4 miliardi di cui 1,250 di investimenti tecnologici e 1,150 miliardi di investimenti ambientali. Il prezzo di acquisto fu di 1,8 miliardi, mentre l’affitto annuo di 180 milioni di euro. Inoltre il piano prevedeva una riduzione dell’organico da 14200 a 8400 nel 2023. E la copertura dei parchi minerari fu  rimandata entro l’agosto 2023.

La sentenza di Ambiente Svenduto

Il 31 maggio 2021 è  stata letta la sentenza  di Ambiente Svenduto. I reati contestati riguardavano: l‘associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale doloso, avvelenamento di acque e di sostanze alimentari, per tutto il periodo della gestione dei Riva, dal 1995 al 2013. Mentre agli altri imputati: omissioni di misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, abuso di ufficio, concussione, falso ideologico e favoreggiamento.

Gli ex proprietari dello stabilimento Ilva, Fabio Riva e Nicola Riva, sono stati condannati rispettivamente a 22 anni e 20 anni di reclusione.
L’ex responsabile delle relazione istituzionali Girolamo Archinà è stato condannato a 21 anni e 6 mesi, mentre a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. Tutti accusati di disastro ambientale.
L’ex consulente della Procura Lorenzo Liberti è stato condannato a 17 anni.
Tre anni e tre mesi all’ex Presidente della Regione Puglia, Niki Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso.
L’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, è stato condannato a 3 anni di reclusione per tentata concussione e di una concussione consumata. Gli stessi reati sono stati  commessi dall’ex assessore all’ambiente, Michele Conserva, condannato a 3 anni.

Inoltre, è stata disposta la confisca degli impianti dell’area a caldo e delle tre società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici.

Dopo un anno

Dopo un anno, l’ex Ilva e  Taranto rimangono in stand by. Il passaggio allo stato del  60% del capitale di Acciaierie d’Italia, ovvero il versamento di altri 680 milioni da parte di Invitalia e l’acquisto dei rami di azienda è rinviata al 2024.

Lo slittamento è dovuto principalmente dal sequestro degli impianti dell’area a caldo. La Corte d’Assise ha rigettato la richiesta di dissequestro, presentata dai legali dell’Ilva in amministrazione straordinaria, ritenendo che gli impianti sono ancora un pericolo per i lavoratori e gli abitanti.

 APPROFONDIMENTO: Ex Ilva, una storia tutta italiana 

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