Dopo l’ennesimo stop alla proroga delle concessioni balneari, il governo starebbe pensando di procedere con una mappatura delle spiagge, sulla scia delle richieste delle associazioni di categoria.
In particolare il governo e le associazioni di categoria guarderebbero a un passaggio della sentenza della Corte Ue sull’art 12 paragrafo 1 della direttiva Bolkestein che dice ” qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.”
Questo è il passaggio che ha fatto dire al ministro Salvini che la sentenza è un «grande successo dell’Italia», spiegando che «la nuova mappatura delle spiagge sarà fatta dal Mit e come sempre verranno utilizzati criteri di buonsenso».
Secondo l’interpretazione del governo sostenuta anche dalle associazioni di categoria, una mappatura dell’effettiva disponibilità delle spiagge libere potrebbe evidenziare che almeno in alcuni tratti del litorale – non sia un bene scarso, e quindi non soggetto alla direttiva Bolkestein.
“Noi riteniamo – sottolinea la Cna Balneari – che esista, in ambito nazionale, ampia disponibilità per rilasciare nuove concessioni ed evitare l’applicazione della direttiva Bolkestein per gli attuali concessionari”.
“Attendiamo fiduciosi – è l’appello di CNA Balneari – le decisioni del Governo per avere un punto fermo da cui partire per risolvere la questione balneare italiana, ormai aperta da quindici anni”.
Per il presidente del Sib, sindacato italiano balneari della provincia di Grosseto, Daniele Avvento, Governo deve definire cosa si intende per scarsità delle spiagge e come e dove si misura tale scarsità
La sentenza del Consiglio di Stato del 2021
Sulla “scarsità delle risorse naturali” su cui puntano le organizzazioni di categoria e il governo, ha già chiarito il Consiglio di Stato nel 2021, secondo cui le aree demaniali marittime a disposizione sono caratterizzate da una notevole scarsità.
“Da questo punto di vista, i dati forniti dal sistema informativo del demanio marittimo (SID) del Ministero delle Infrastrutture rivelano che in Italia quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi che in alcune Regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) arrivano quasi al 70%. Una percentuale di occupazione, quindi, molto elevata, specie se si considera che i tratti di litorale soggetti ad erosione sono in costante aumento e che una parte significativa della costa “libera” risulta non fruibile per finalità turistico-ricreative, perché inquinata o comunque “abbandonata”.
A ciò si aggiunge che in molte Regioni è previsto un limite quantitativo massimo di costa che può essere oggetto di concessione, che nella maggior parte dei casi coincide con la percentuale già assentita.
È evidente, allora, che l’insieme di questi dati già evidenzia che attualmente le aree demaniali marittime (ma analoghe considerazioni valgono per quelle lacuali o fluviali) a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, ancor più pronunciata se si considera l’ambito territoriale del comune concedente o comunque se si prendono a riferimento porzioni di costa ridotte rispetto alla complessiva estensione delle coste italiane, a maggior ragione alla luce della già evidenziata capacità attrattiva delle coste nazionali e dell’elevatissimo livello della domanda in tutto il periodo estivo (che caratterizza l’intero territorio nazionale, al di là della variabilità dei picchi massimi che possono differenziare le singole zone). Pertanto, nel settore delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, le risorse naturali a disposizione di nuovi potenziali operatori economici sono scarse, in alcuni casi addirittura inesistenti, perché è stato già raggiunto il – o si è molto vicini al – tetto massimo di aree suscettibile di essere date in concessione.
Anche da questo punto di vista, quindi, sussistono i presupposti per applicare l’art. 12 della direttiva 2006/123.”