Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2023, per il triennio per il triennio 2024-2026.
Il DEF- spiega il ministero dell’Economia e delle Finanze- tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l’allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l’affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale.
Per la CGIL gli spazi fiscali sono così limitati che si rischia di non avere nulla per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e per l’adeguamento all’inflazione, la sanità, il welfare, le pensioni, il caro energia, sicurezza nei luoghi di lavoro, e per la legge delega fiscale.
Cos’è il DEF
Il Def è il principale documento programmatico delle politiche economiche e finanziarie decise dal Governo. Ogni anno, entro il 10 aprile, il governo trasmette il Def al Parlamento per l’esame e l’approvazione, attraverso una risoluzione che impegna il governo alla presentazione di una legge di bilancio. Successivamente, entro il 30 aprile, il documento viene inviato alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea.
Nel corso degli ultimi decenni i documenti programmatici hanno assunto sempre di più un ruolo chiave nella definizione ed esposizione delle linee guida di politica economica del Paese. In una economia caratterizzata da continui e rapidi cambiamenti, essi svolgono una delicata e importante funzione informativa a livello nazionale, comunitario e internazionale, in grado di rendere pienamente visibili le scelte di policy.
Gli obiettivi prioritari
Gli obiettivi prioritari della politica economica del governo Meloni possono essere sintetizzati nel sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini, con nuovi interventi in favore di famiglie (in particolare per quelle numerose sono previste misure anche nella riforma fiscale) e imprese nonché misure destinate a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività del Paese; la sostenibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione di deficit e debito.
“La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”, ha dichiarato il ministro Giorgetti sul Def approvato in Cdm.
“Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro – ha proseguito Giorgetti – tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona”.
“È realistico puntare – aggiunge – per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del PIL e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale”.
Il debito pubblico
Per debito pubblico di intende il debito contratto dallo stato per far fronte al proprio fabbisogno, mediante l’emissione dei titoli di stato.
Nel 2022 il rapporto debito/PIL è risultato pari al 144,4 per cento, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del DPB dello scorso novembre.
Secondo le previsioni del governo continuerà progressivamente a scendere nel 2023 al 142,1 per cento, nel 2024 al 141,4, a 140,9 nel 2025, fino a raggiungere il 140,4 per cento nel 2026. Tuttavia non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il super bonus non avesse auto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati.
Deficit
Per deficit pubblico si intende la differenza negativa tra le entrate e le uscite di uno Stato. Un disavanzo superiore al 3% del Pil è considerato eccessivo e richiede misure correttive.
Il governo punta a ridurre gradualmente, ma in misura rilevante e sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della PA in rapporto al PIL. Coerentemente con questo obiettivo, il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto presenti nel documento dello scorso novembre. Nello scenario programmatico 4,5 per cento nel 2023, 3,7 per cento nel 2024, 3,0 nel 2025, fino al 2,5 nel 2026. Riguardo al deficit tendenziale il DEF prevede il 4,35 per cento nel 2023, il 3,5 nel 2024, il 3,0 nel 2025 e il 2,5 nel 2026.
PIL
Per il governo il Pil crescerà dello 0,9 nel 2023, un dato rivisto al rialzo in confronto al DPB di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6 per cento ― dell’1,4 per cento nel 2024, dell’1,3 per cento nel 2025 e dell’1,1 per cento nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico).
Taglio del cuneo fiscale
Il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5 per cento) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso.
Secondo le previsioni del governo, questo aiuterà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale.
La pressione fiscale
Il DEF prevede inoltre un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7 per cento entro il 2026.
PNRR
Il governo è al lavoro per ottenere la terza rata del PNRR. Sono in corso le interlocuzioni con le istituzioni europee per la revisione e la rimodulazione di alcuni degli interventi previsti dal PNRR e delle relative milestone e target.
Immagine di copertina: Palazzo Chigi