Cosa prevede l’accordo tra Italia e Libia sul gas

Il 28 gennaio, in occasioned della visita della premier Meloni in Libia, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’amministratore delegato della National Oil Corporation (NOC), Farhat Bengdar hanno siglato un accordo per avviare lo sviluppo delle “Strutture A&E”, un progetto volto ad aumentare la produzione di gas per rifornire il mercato interno libico, oltre a garantire l’esportazione di volumi in Europa. L’accordo ha una durata di 25 anni, mentre l’investimento complessivo ha un valore di 8 miliardi di dollari.

“Strutture A&E” è stato sviluppato nel paese dall’inizio del 2000. Consiste in due giacimenti a gas, chiamati rispettivamente “Stuttura A” e “Struttura E”, situati nell’area contrattuale D, al largo della Libia. La produzione di gas inizierà nel 2026 e raggiungerà un plateau di 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno.

La produzione- si legge nel comunicato di Eni- avverrà attraverso due piattaforme principali collegate agli impianti di trattamento esistenti presso il complesso di Mellitah. Il progetto prevede anche la costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) a Mellitah, che consentirà una significativa riduzione dell’impronta carbonica complessiva, in linea con la strategia di decarbonizzazione di Eni.

 

La presidente Giorgia Meloni ha definito l’accordo “storico”, e  avrà come obiettivo l’aumento della produzione di gas per il mercato interno libico e per l’esportazione di volumi in Europa.

L’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato: “L’accordo di oggi consentirà di effettuare importanti investimenti nel settore dell’energia in Libia, contribuendo allo sviluppo e alla creazione di lavoro nel Paese, e rafforzando la posizione di Eni come primo operatore in Libia.”

La collaborazione energetica tra Italia e Libia 

L’Italia è in Libia dal 1939, quando la  casuale scoperta del petrolio, l’Agip, in partnership con l’Eni, diede il via alla cosiddetta «operazione Petrolibia» con l’obiettivo di ricavare benzina dalla sintesi chimica. Solo dopo 20 anni, nel 1959, venne sottoscritto un accordo che vedeva la Compagnia ricerca idrocarburi (CORI), al 90% di proprietà AGIP e per il 10% di SNAM Progetti – ricevere il permesso dal Governo libico di avviare sondaggi in Cirenaica. Questo fu l’inizio della collaborazione energetica tra l’Italia e la Libia.

L’Eni si aggiudicò importanti concessioni perchè offriva delle royalty molto vantaggiose ai libici: tra il 1968 e il 1969 la Snam Progetti ottenne varie concessioni e successivamente i tecnici italiani scoprirono l’immenso giacimento di Bu Attifel.

Nel 1969 Gheddafi rovesciò la monarchia di Re Idris. Nel 1971, dopo la cacciata degli italiani dalla Libia, l’allora ministro degli esteri italiano Aldo Moro si recò a Tripoli dal colonnello. Secondo fonti ufficiali, l’incontro ebbe oggetto la modernizzazione del paese, mentre l’Italia avrebbe contribuito con manodopera qualificata nel settore petrolchimico, e con la realizzazione di opere infrastrutturali di notevoli dimensioni. In cambio l’Italia avrebbe avuto vantaggi nell’approvvigionamento petrolifero e anche nella fornitura di armi ed equipaggiamenti militari.

Il nuovo corso della politica energetica italiana nei paesi arabi fu segnata soprattutto da Enrico Mattei, che iniziò una sua politica estera.

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Gli interessi dell’Italia in Libia 

 

Fonti: Eni.it 

“La Libia è stata la pompa di benzina dell’Italia. Quali prospettive per il futuro?” – https://www.istitutoeuroarabo.it/

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