Crisi climatica e inquinamento minacciano sempre di più i ghiacciai italiani

Il riscaldamento globale mette sempre più in pericolo i ghiacciai alpini. Si stima che  la superficie glacializzata dell’arco alpino si sia ridotta del 60% negli ultimi 150 anni. Le più colpite sono le Alpi Orientali dove, secondo gli ultimi dati diffusi dal Comitato Glaciologico Italiano (CGI), hanno visto ridursi  il proprio volume del 96% e la propria area dell’82%. La situazione non è buona nemmeno per i ghiacciai delle Alpi Occidentali e Centrali. E’ quanto emerse dal rapporto di Legambiente in collaborazione con il CGI. 

Il rapporto della “Carovana dei Ghiacciai”

I ghiacciai sono i testimoni diretti del cambiamento climatico. Legambiente con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano nell’estate 2020 ha lanciato la prima edizione della  Carovana dei Ghiacciai, una campagna per monitorare lo stato di salute dei ghiacciai alpini, e per diffondere gli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino. Sono state sei le tappe e dodici i ghiacciai attraversati: : quello del Miage in Valle d’Aosta, cinque ghiacciai del Monte Rosa (Indren, Bors, Piode, Sesia-Vigne e Locce ) in Piemonte, i ghiacciai dei Forni e della Sforzellina in Lombardia, il Ghiacciaio della Marmolada in Veneto- Trentino Alto Adige, quelli di Fradusta e Travignolo in Trentino Alto Adige, e il Ghiacciaio del Montasio occidentale in Friuli Venezia Giulia. 

‼️#SOS per i #ghiacciai italiani: crisi climatica e inquinamento minacciano sempre di più i giganti bianchi, testimoni…

Pubblicato da Legambiente Onlus su Giovedì 10 dicembre 2020

I dati raccolti dalla campagna confermano una generalizzata e veloce contrazione delle masse glaciali. Preoccupa il ghiacciaio della Marmolada che, in base ai dati, rischia di  scomparire nell’arco di 15-20 anni.  Nel settore delle Alpi centrali si registra un’importante contrazione dei ghiacciai lombardi, sottolineata da numerosi apparati che sono scarsamente alimentati o addirittura qua­si completamente privi di neve residua alla fine della stagione di ablazione. 

I ghiacciai come sentinelle della qualità dell’aria 

Dai campioni glaciologici effettuati sulle Alpi, è emersa la presenza diffusa del black carbon, un particolato che deriva principalmente dalla combustione di motori diesel di vecchia generazione, dalle attività industriali e dagli incendi boschivi. Si deposita su neve e ghiaccio e contribuisce a renderli più scuri e meno riflettenti, assieme all’aumento di detriti dovuti alla frammentazione e crolli delle pareti rocciose, sempre più scoperte dai ghiacci. Questo ne aumenta la velocità di fusione. 

Le proposte di Legambiente 

  1. Approfondire le ricerche sulle variazioni dei ghiacciai e del permafrost, sul loro comportamento futuro in relazione alle notevoli implicazioni ambientali e economiche;
  2. Acquisire nuovi scenari idrologici sui bacini montani in relazione al riscaldamento climatico, per comprendere come cambierà in futuro la disponibilità idrica.
  3. Rivedere la delimitazione delle zone a rischio di tutte le regioni montane secondo procedure armonizzate e sempre aggiornate, tenendo conto dei rischi indotti dai cambiamenti climatici (frane, valanghe, colate detritiche torrentizie, inondazioni, incendi …) e adeguare di conseguenza i documenti urbanistici, individuando perimetri di sicurezza sufficienti.
  4. Pianificare e gestire le aree di alta quota in funzione dell’adattamento ai cambiamenti climatici con particolare attenzione ai bacini soggetti a rischi naturali legati alla trasformazione di neve, ghiaccio e permafrost, per modulare i loro possibili contributi alle inondazioni, e aumentare la resistenza delle valli montane ai fenomeni meteorologici estremi;
  5. Affrontare le conseguenze economiche del riscaldamento climatico, come quelle sull’industria del turismo invernale riconoscendo la necessità di convertire progressivamente quei modelli di sviluppo che espongono i territori alla continua incertezza stagionale;
  6. Considerare le regioni alpine e appenniniche come aree soggette a crescente siccità, in cui la gestione della scarsità d’acqua è una indispensabile misura di adattamento ai cambiamenti climatici, da realizzarsi potenziando la preparazione e il coordinamento a scala di bacino, anche a livello transfrontaliero;
  7. Favorire il miglioramento della filtrazione naturale dell’acqua e della ricarica delle falde acquifere grazie al river restoration e a natural basic solution;
  8. Sostenere un uso equo ed economico delle risorse idriche (collegando le diverse reti, trovando fonti alternative, utilizzando tecniche di efficienza e risparmio idrico) – compreso un uso più parsimonioso dell’acqua per l’innevamento artificiale nelle stazioni sciistiche;
  9. Attuare strategie e piani adeguati per affrontare i sempre più numerosi conflitti relativi agli usi plurimi dell’acqua;
  10. Rafforzare le sinergie fra scienza, politica e società, indispensabili per nuove forme di governance capaci di produrre nuove strategie e misure di adattamento;
  11. Individuare opzioni di adattamento a breve e lungo termine per i vari settori, a partire dall’esame delle eventuali buone pratiche e misure già esistenti;
  12. Promuovere percorsi di pianificazione partecipata, attività di autoprotezione e responsabilità condivise tra le popolazioni interessate per una “governance integrata” del territorio che consideri l’insieme delle risorse e dei rischi che lo contraddistinguono.

Fonte: la Carovana dei Ghiacciai

 

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