Libia, da 102 giorni i pescatori di Mazara del Vallo sono ancora prigionieri di Haftar

Sono passati 102 lunghissimi giorni dal quel primo settembre quando 18 pescatori di Mazara del Vallo con i loro pescherecci  vennero sequestrati dalle milizie libiche del generale Kalifha Haftar, senza alcun motivo legittimato dal diritto internazionale.

Dopo tanti giorni tra i familiari dei pescatori si inizia a sentire stanchezza e tanta rabbia, quest’ultima accentuatasi in seguito alla notizia della liberazione della nave turca “Mabouka” , sequestrata lo scorso 5 dicembre dalle milizie di Haftar. Il cargo turco fu fermato per le stesse ragioni avanzate nel caso dei pescatori italiani,  successivamente liberato attraverso un riscatto.

Secondo un’esclusiva di Vita.it, i pescatori di Mazara del Vallo, entro la prossima settimana, andranno a processo davanti al tribunale di Bengasi. Dal processo si spera di farli ritornare a casa. Si tratta di un passo in avanti della “trattativa parallela” portata avanti dall’armatore del peschereccio Antartide, dai suoi legali e dagli altri uomini di mare.

La dinamica dei fatti

La sera del 1 settembre a 40 miglia dalle coste di Bengasi, tre unità militari di Haftar avvicinarono  un gruppo di imbarcazioni impegnati nella pesca del rinomato gambero rosso. I due motopesca furono portati nel porto di Bengasi, mentre altri due pescherecci “Anna Madre” di Mazara del Vallo e “Natalino” di Catania riuscirono a fuggire invertendo la rotta, ma il comandante e il primo ufficiale  furono condotti in Libia. 

Ai marinai è stata imputata la presenza dei loro pescherecci all’interno delle 72 miglia che la Libia rivendica unilateralmente come proprie acque nazionali, in virtù della convenzione di Montego Bay che dà la facoltà di estendere la propria zona economica esclusiva fino ad un massimo di 200 miglia.

La questione geopolitica

Il caso dei pescatori non è solo una questione di acque territoriali, ma soprattutto  politica. Secondo gli studiosi, Haftar starebbe facendo una prova di forza nei confronti dell’Italia che ha avvallato la nascita del suo governo di Tobruk, a favore del governo del  premier Fayez al-Sarraj,  l’unico esecutivo riconosciuto dall’Onu.

Le dichiarazioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio

L’Italia fino ad ora ha cercato di mantenere un profilo basso, ma si tratta di una strategia che non sta funzionando. Qualche giorno fa, a Porta a Porta, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha dichiarato che si sta lavorando con un’autorità non riconosciuta dalla Comunità Internazionale. Lo si sta facendo tramite l’intelligence, la diplomazia, e con i Paesi che hanno un’influenza in quell’area.

Nel frattempo i familiari, nonostante la stanchezza e la preoccupazione, promettono ulteriori manifestazioni pacifiche come hanno sempre fatto, per riavere i propri cari a casa.

 

Immagine di copertina: i familiari dei pescatori a Roma -settembre 2020. Autore: Salvatore Quinci.

 

 

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