Migranti, per le Ong il decreto legge contraddice il diritto internazionale ed europeo

Il 5 gennaio in un documento congiunto  Emergency, Msf, Open Arms, ResQ – People Saving People e altre organizzazioni governative impegnate a salvare vite in mare, hanno esortato il governo a ritirare immediatamente il decreto legge per la gestione dei flussi migratori.  Le ong infatti sono preoccupate per l’ultimo tentativo di un governo europeo di ostacolare l’assistenza alle persone in difficoltà in mare. Secondo le organizzazioni “ ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie più letali al mondo.” Il decreto è apparentemente rivolto alle ONG di soccorso civile, ma il vero prezzo sarà pagato dalle persone che fuggono attraverso il Mediterraneo centrale e si trovano in situazioni di pericolo.
Per le organizzazioni, infatti, il decreto legge italiano “contraddice il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo, e dovrebbe quindi suscitare una forte reazione da parte della Commissione europea, del Parlamento europeo, degli Stati membri e delle istituzioni europee.

Questi aspetti sono stati ribaditi  dalle Ong ( Medici Senza Frontiere EMERGENCY Mediterranea Saving Humans Open Arms Italia e Sea-Watch) lunedì 16 gennaio in audizione alle Commissioni I (Affari Costituzionali) e IX (Trasporti) della Camera. Inoltre le Ong hanno chiesto ai parlamentari l’istituzione di una Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Mediterraneo per indagare su quello che è successo in questi anni sulla frontiera liquida più letale del mondo e in Libia; dai respingimenti, alle omissioni di soccorso, alle detenzioni arbitrarie.

“Le disposizioni urgenti che il Parlamento dovrebbe affrontare non dovrebbero riguardare la limitazione della presenza delle ONG in mare ma una sostanziale riforma del sistema accoglienza che ponga al centro tutela della vita, diritti umani e inclusione dei migranti”- ha dichiarato la presidente di Emergency Rossella Miccio.

Lo scorso 5 gennaio la portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper rispondendo a delle domande ha dichiarato: «indipendentemente da cosa l’Italia stia facendo tramite un decreto, i Paesi membri devono rispettare la legge internazionale e la legge del mare». Inoltre ha aggiunto che «salvare vite in mare è un obbligo morale e legale».

Il decreto è in contrasto con il diritto internazionale e europeo

Per l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, il decreto legge è in sostanziale continuità con una disposizione contenuta nel decreto-legge n. 130/2020 (cd. decreto Lamorgese) che consente all’Esecutivo di “limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale”. Pertanto si tratta di norme già applicate, mentre altre sono inapplicabili per contrasto con il diritto internazionale ed europeo.

Si tratta di un intervento legislativo che “nasconde la mancanza di consapevolezza della fallimentare strategia italiana ed europea che persevera a negare la possibilità di ingressi regolari che consentano alle persone straniere di entrare in modo veloce e sicuro sul territorio italiano o di altro Stato dell’Unione europea con visti di ingresso per lavoro o per ricerca lavoro o per asilo o per altra motivazione prevista dalla complessa disciplina dell’immigrazione.”

Per Human Rights Watch “l’obiettivo del governo è quello di ostacolare ulteriormente il lavoro salvavita dei gruppi umanitari, questo  significa che meno persone saranno salvate nel Mediterraneo centrale.”

Il decreto vieta alle navi delle organizzazioni di ricerca e soccorso di effettuare più soccorsi nello stesso viaggio, ordinando che dopo un salvataggio le  navi si rechino immediatamente nel porto assegnato dall’Italia e lo raggiungano “senza indugio”, imponendo di fatto loro di ignorare qualsiasi altro pericolo casi in mare.
La norma viola il dovere di tutti i capitani di fornire assistenza immediata alle persone in difficoltà ai sensi di molteplici disposizioni del diritto internazionale, tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare , la Convenzione internazionale per la sicurezza della Vita in Mare , il Protocollo di Palermo contro il Traffico di Migranti e il diritto comunitario.

Inoltre l’ong sottolinea che l’impatto negativo della nuova norma è aggravato dalla recente prassi del governo di assegnare alle navi di soccorso porti di sbarco molto distanti nel nord e centro Italia, richiedendo fino a quattro giorni di navigazione, in violazione dell’obbligo di mettere a disposizione il porto di sicurezza più vicino.

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Immagine di copertina: Emergency

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