Dichiarazione congiunta delle organizzazioni di ricerca e soccorso in mare: la Tunisia non è un paese sicuro di sbarco

Alla luce dell’attuale trasformazione autoritaria dello Stato tunisino e dell’estrema violenza e persecuzione della popolazione nera, delle persone in movimento, degli oppositori politici, diverse organizzazioni di ricerca e soccorso in mare hanno  rilasciamo una dichiarazione per ricordare che la Tunisia non è né un paese di origine sicuro né un paese terzo sicuro e pertanto non può essere considerato un luogo sicuro di sbarco (Place of Safety, POS) per le persone soccorse in mare. Inoltre, hanno  esortato le autorità dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri a revocare gli  accordi con le autorità tunisine, volti al controllo delle migrazioni.

La trasformazione autoritaria della Tunisia 

Nell dichiarazione si afferma che le organizzazioni  tunisine e internazionali per la tutela dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per “l’indebolimento dell’indipendenza della magistratura, gli arresti di critici e oppositori politici, i processi militari contro i civili, la continua repressione della libertà di espressione e le minacce contro la società civile.

Il  razzismo contro le persone nere, già esistente in Tunisia, si è intensificato portando a un peggioramento della situazione soprattutto per coloro che provengono dai Paesi dell’Africa centrale e occidentale. Un gran numero di persone della diaspora africana residenti a Sfax, Sousse e nella capitale Tunisi ha subito atti di violenza, trovandosi senza alloggio, senza cibo e privati del diritto alla salute e al trasporto pubblico.
Gli africani neri vengono schedati, per motivi razziali, arrestati e detenuti arbitrariamente dalle forze di sicurezza. Alcuni sono stati oggetto di sparizioni forzate.

Tutti questi sviluppi drammatici avvengono mentre la situazione socio-economica della Tunisia peggiora continuamente: il tasso di disoccupazione è del 15% e il tasso di inflazione del 10%. Il Paese manca di beni di prima necessità e, a causa della siccità, l’uso dell’acqua è limitato.

La Tunisia non è un paese sicuro 

Le organizzazioni affermano che molti elementi erano già sufficienti per contestare la sicurezza della Tunisia per i suoi stessi cittadini, affermando che non è un Paese di origine sicuro. Ciò nonostante, le espulsioni da parte dell’Italia dei cittadini tunisini che non hanno accesso alla protezione internazionale è in aumento.

Questi fattori mettono le persone migranti nere e le voci di opposizione in una posizione di vulnerabilità. Non essendo al sicuro in Tunisia, le persone migranti dell’Africa subsahariana cercano di uscire da un Paese che è sempre più pericoloso per loro.Di conseguenza, non dovrebbe essere permesso lo sbarco in Tunisia delle persone intercettate in mare, durante il tentativo di fuggire dal Paese. Secondo la Convenzione SAR (Search And Rescue), un soccorso è definito come “una operazione volta a soccorrere le persone in pericolo, provvedere alle loro prime necessità mediche o di altro tipo e condurle presso un luogo sicuro di sbarco.

Lo sbarco in Tunisia dei naufraghi e delle persone intercettate in mare viola il diritto internazionale in materia di diritti umani e il diritto del mare.

Mettere fine alla complicità dell’Europa 

Nella dichiarazione congiunta le organizzazioni chiedono all’Europa di mettere fine alla sua complicità. Per oltre un decennio, l’UE e i suoi Stati membri hanno sostenuto politicamente, finanziato ed equipaggiato lo Stato tunisino affinché sorvegliasse i propri confini e contenesse la migrazione verso l’Europa.

Tra il 2016 e il 2020, sono stati stanziati per la Tunisia oltre 37 milioni di euro attraverso il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, per favorire la “gestione dei flussi migratori e delle frontiere. Altri fondi sono in arrivo. Inoltre- si sottolinea nella dichiarazione- l’Ue supporta la Tunisia attraverso “l’addestramento delle forze di polizia, la fornitura di attrezzature per la raccolta e la gestione dei dati, il supporto tecnico, l’equipaggiamento e la manutenzione delle imbarcazioni per il pattugliamento delle coste e altri strumenti per il tracciamento e il monitoraggio dei movimenti.

Le violazioni della Guardia costiera tunisina, sostenuta dall’Ue, sono ben documentate. Negli ultimi anni, il numero di intercettazioni e di respingimenti da parte della Guardia costiera tunisina verso la Tunisia è aumentato enormemente. Solo nel primo trimestre del 2023, a 14.963 persone è stato impedito di lasciare la Tunisia via mare e sono state violentemente riportate indietro contro la loro volontà per conto dell’UE.

Già nel dicembre 2022, più di cinquanta associazioni avevano denunciato la violenza della Guardia Costiera tunisina: “Aggressioni verso le persone con bastoni, spari di colpi in aria o in direzione del motore, attacchi con coltelli, manovre pericolose per tentare di affondare le imbarcazioni, richieste denaro in cambio del soccorso…” Questi attacchi si sono intensificati negli ultimi mesi, prendendo di mira sia persone migranti tunisine che non tunisine. Inoltre, è stato recentemente documentato come la Guardia costiera tunisina sottragga i motori alle imbarcazioni che tentano di fuggire dal Paese, lasciando le persone a bordo alla deriva, provocandone la morte.

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