In queste ore è venuto a mancare Pietro Terracina, uno degli ultimi superstiti dei lager nazisti.
Pietro ha vissuto l’orrore del’Olocausto, ma da testimone ha saputo trasmettere a migliaia di giovani il significato e il valore della Memoria.
Commovente il ricordo di Liliana Segre sul giornale Moked, dove ammette che adesso si sente ancora più sola, ma conferma il suo impegno a continuare a parlare di Memoria.
La vita di Pietro Terracina
Pietro Terracina nasce a Roma il 12 novembre 1928. Lui e la sua famiglia riuscirono a scampare ai raid delle SS perchè vivevano da clandestini dal 12 ottobre 1943 fino alla deportazione.
Il 7 aprile 1944, mentre festeggiavano la Pasqua ebraica, Pietro, allora 15 enne, venne portato insieme alla sua famiglia al carcere Regina Coeli e, dopo una breve permanenza, il 17 maggio 1944, la famiglia fu deportata.
Da quell’orrore solo Pietro farà ritorno in Italia.
Nel campo, Pietro strinse amicizia con Sami Modiano, una vera amicizia, fraterna, nata soprattutto dal bisogno di un punto di riferimento da parte di entrambi.
Il 27 gennaio 1945 furono liberati , ma il ritorno alla vita normale fu molto complicato. Pietro raccontava che pesava 38 chili, non aveva forze per camminare, tanto che crollò e fu portato dai russi in un ospedale militare e poi in un sanatorio nel mar Nero, dove nacquero alcuni affetti e dove riprese a vivere.
Anche il ritorno a Roma fu molto difficile e lo si capisce da queste sue parole:” “Al mio ritorno a Roma da Auschwitz, solo e disperato, trovai indifferenza. L’indifferenza delle persone e delle istituzioni. Una indifferenza che ancora pesa sul nostro paese”.
Nonostante l’indifferenza di un paese che lo ha tradito e lo ha accolto in modo ostile, ha speso la sua vita a raccontare con coraggio e tenacia la Memoria.
Immagine di copertina: Ron Porter