L’avvocata dei diritti umani, Ebru Timkit, era in carcere dal 2018 per una condanna a 13 anni e 6 mesi per presunti reati connessi al terrorismo.
In realtà aveva solo la “colpa” di battersi per la libertà di espressione e le fasce più deboli della popolazione. Insieme a lei il tribunale condannò altri 18 avvocati della Proggressive Lawyers ‘Association (ÇHD), per un totale di 159 anni di carcere.
La corte d’appello confermò le condanne nell’ottobre 2019 senza esaminare i ricorsi presentati dai legali degli imputati.
Dal 2 gennaio è entrata in sciopero della fame per avere un processo equo, una richiesta inascoltata e sfociata nel peggior dei modi. Il 27 agosto Ebru Timkit è morta dopo 238 giorni di digiuno.
Il 14 agosto la Corte Costituzionale della Turchia aveva rigettato la richiesta di rilascio per lei e Ayrac Unsal, un altro avvocato arrestato e in sciopero della fame, nonostante le loro condizioni di salute non erano più idonee per la detenzione. Eppure per la Corte non vi erano elementi tali da far supporre un pericolo imminente per la loro vita.
La stessa sorte è toccata a Helin Bolek, cantante di Grup Yorum morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame; il bassista della stessa band, Ibrahim Gokcek, deceduto il 7 maggio dopo 323 giorni di digiuno; qualche giorno prima, il 24 aprile, la medesima sorte era toccata a Mustafa Kocak dopo 296 giorni di sciopero. Erano stati arrestati con l’accusa di far parte di DHKP-C, organizzazione di estrema sinistra, considerata terrorista dalle autorità turche. In realtà la band popolarissima e militante era oggetto di continui di attacchi da parte del Governo turco fino all’interdizione dal palcoscenico.
La repressione turca contro ogni dissenso
In Turchia continua la repressione contro la libertà di espressione ed ogni forma di dissenso.
Ad agosto è entrata in vigore la legge che ha introdotto l’obbligo per le piattaforme online di ottenere il rilascio di una licenza da parte del Consiglio supremo per le comunicazioni radiotelevisive (Radyo ve televizyon üst kurulu – Rtük) .I contenuti delle piattaforme sarebbero stati monitorati dall’Rtük, ampliando i suoi poteri di censura sui contenuti online. Centinaia di persone sono state sottoposte a fermo di polizia e, in almeno 24 casi, rinviate in custodia cautelare.
Giornalisti, difensori dei diritti umani, politici e attivisti che dissentono dal regime di Erdogan, spesso vengono arrestati e condannati a vari anni di reclusione, senza prove e colpevoli di aver espresso il proprio dissenso.
Con l’emergenza sanitaria il governo turco ha innalzato ulteriormente l’asticella della repressione, iniziando una vera e propria crociata contro le opposizioni. Infatti, secondo molti osservatori, Ankara sfrutta la pandemia per i propri scopi politici, basati sulla cultura della paura e dell’intimidazione.
Durante l’emergenza Covid-19, la Turchia è stata costretta ad affrontare il sovraffollamento delle carceri su tutto il territorio. Il 7 aprile il parlamento ha discusso e approvato un provvedimento che prevedeva la scarcerazione di 90,000 detenuti. Tra questi però non vi sono giornalisti, attivisti, ex deputati, dirigenti di partito.