Ex Ilva di Taranto, le motivazioni della sentenza di ‘Ambiente Svenduto’

Il 29 novembre 2022 sono state pubblicate le 3700 pagine che compongono la motivazione della sentenza con la quale la Corte d’assise di Taranto condannò il 31 maggio 2021 la famiglia di industriali Riva e altri.
I Riva e gli ex manager rispondono di concorso in associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, per tutto il periodo della gestione dei Riva, dal 1995 al 2013. 

Mentre gli altri condannati rispondono di diversi reati: omissioni di misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, abuso di ufficio, concussione, falso ideologico e favoreggiamento.

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La motivazione delle condanne 

Secondo la Corte d’assise presieduta dal giudice Stefania D’Errico e a latere il giudice estensore Fulvia Misserini, “i Riva ed i loro sodali, hanno posto in essere modalità gestionali illegali, anche omettendo di adeguare lo stabilimento siderurgico ai sistemi minimi di ambientalizzazione e sicurezza per ovviare alle problematiche di cui avevano piena consapevolezza sin dal 1995. Pertanto hanno messo in pericolo concreto la vita e la integrità fisica dei lavoratori dello stesso stabilimento, la vita e l’integrità fisica degli abitanti del quartiere Tamburi, la vita e l’integrità fisica dei cittadini di Taranto. Danni alla vita e alla integrità fisica che, purtroppo, in molti casi si sono concretizzati: dagli omicidi colposi, alla mortalità interna ed esterna per tumori, alla presenza di diossina nel latte materno.” Nel dispositivo si parla di ” modalità gestionali che sono andate molto oltre quelle meramente industriali, coinvolgendo a vari livelli tutte le autorità locali e non, investite di poteri autorizzanti e/o di controllo nei confronti dello stabilimento stesso”.

“Qualche caso di tumore in più”

Dalle intercettazioni emerge inequivocabilmente “la rete di collusioni intessuta da ILVA, che coinvolge , avvalendosi di professionisti del tutto asserviti alle sue esigenze, funzionari regionali e statali di alto livello, con i quali è preventivamente concertata la strategia politica in senso lato dell’impresa, finalizzata a proseguire nella gestione illecita dell’attività, ben nota a tutti i soggetti coinvolta, nella sostanziale impunità, sacrificando oltre il che il rispetto della legalità anche i fondamentali beni costituzionali dell’ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto (emblematico in questo senso il cinico commento di Riva relativo alla scarsa rilevanza di “qualche caso di tumore in più”, una battuta che riassume meglio di ogni altro elemento di prova la volontarietà della condotta delittuosa posta in essere dagli imputati e anzi la chiara consapevolezza degli effetti dell’inquinamento sulla salute della popolazione tarantina).”

E ancora: ” La capacità di influenzare le istituzioni da parte dell’Ilva, facendo leva sul potere economico e contrattuale della grande impresa, ha reso per tanto tempo difficile l’accertamento dei crimini. Seppur non sono mancati accertamenti giudiziari, passati in giudicato, che hanno offerto uno spaccato sulla grave situazione ambientale di Taranto, per la prima volta con questo processo si è colta una visione una visione unitaria della gestione illecita dello stabilimento da parte della proprietà, dei vertici aziendali e dei responsabili delle varie aree e reparti, nonchè di soggetti estranei che hanno a vario titolo concorso. Il bilancio è agghiacciante.”.

Razzismo ambientale 

All’interno dello stabilimento è emersa “una sistematica violazione dei diritti dei lavoratori, incuranza verso le norme in materia di sicurezza del lavoro, con un numero elevatissimo di casi di malattie professionali e infortuni sul lavoro, tra cui molto mortali.”

All’esterno, “è emersa la violazione delle norme ambientali, attraverso la sistematica alterazione e falsificazione dei dati analitici relativi alle emissioni nell’ambiente di polveri e altre sostanze nocive per la salute umana, il condizionamento, spinto sino alla corruzione, dei soggetti pubblici deputati ai controlli, delle istituzioni e della stampa, la reiterata sottrazione agli impegni assunti negli atti di intesa e nei provvedimenti di autorizzazione , la mistificazione della natura degli interventi attuati sugli impianti, non ambientale, ma prevalentemente produttività, nella piena consapevolezza degli effetti di tali condotte, commissive e omissive, sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori e della popolazione locale.
Per descrivere ciò che è stato del territorio tarantino attraverso le descritte condotte, si potrebbe ricorrere al razzismo ambientale, un termine per indicare zona economicamente arretrate indicate per realizzare grandi impianti industriali o altre fonti inquinanti, senza che le istituzioni preposte effettuino controlli e, in ultima analisi, senza alcuna considerazione della popolazione residente, costretta a vivere in un ambiente gravemente compromesso e esposta a maggiori rischi per la salute.”

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Immagine di copertina: Agenzia Nova 

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