I massacri delle foibe

Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe. Si tratta di una ricorrenza importante per ricordare un pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani dIstria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto loccupazione dei comunisti jugoslavi. 

Le foibe sono voragini naturali, tipiche del Carso e dell’Istria, dove i partigiani Jugoslavi  gettavano i cadaveri delle loro vittime per farle sparire. Furono uccisi civili tra cui bambini, donne, anziani e tutti coloro che si opposero al comunismo di Tito.

Per quanto riguarda la quantificazione delle vittime, l’attuale stato delle ricerche non permettono conclusioni sicure. La stima scientificamente più credibile si attesterebbe sull’ordine di quattro- cinque mila vittime. Mentre c’è chi parla anche venti- trentamila morti.

Perchè alla fine della guerra la Venezia Giulia è stata teatro di un fenomeno di violenza? Quali obiettivi si poneva la strategia repressiva jugoslava e come è maturata nel tempo?

Per rispondere occorre guardare ai primi cinquant’anni del Novecento. In particolare all’italianizzazione forzata delle minoranze slave durante il Ventennio, la guerra di conquista della Jugoslavia nel 1941, l’occupazione militare della Slovenia meridionale e della Dalmazia, l’armistizio dell’8 settembre, la dominazione tedesca e la lotta di liberazione fino alla primavera 1945.

Nello scenario nazionale e internazionale 1943-1945  c’erano le divisioni del fronte resistenziale sul confine nordorientale, le contraddizioni di Togliatti, i progetti degli alleati per la divisione delle sfere di influenza in Europa, le prospettive di Stalin e il comunismo di Tito, e le scelte americane dell’amministrazione Truman.
L’intreccio di questi motivi hanno determinato l’esplodere del massacro delle foibe.

Le foibe istriane dell’autunno 1943

La prima ondata di violenza esplose dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943. In Istria e Dalmazia i partigiani jugoslavi si vedicarono con i fascisti, e in generale con gli italiani. Nele foibe sparirono anche commercianti, insegnanti, farmacisti, medici, veterinari, ovvero tutte le figure visibili nella società. 

Emblematico fu il caso di Norma Cosetto, ventiquattrenne e figlia del segretario del fascio locale, venne prelevata da casa insieme al padre e furono rinchiusi in carcere prima a Visigno e poi a Antignana. La giovane non collaborò, fu fucilata e fatta precipitare nella foiba di Villa Suriani.

Analoga sorte toccò alle sorelle Radecca, arrestate, costrette per giorni a mansioni di cuoche e di sguattere e ripetutamente violentate. I corpi delle ragazze vennero trovate nelle foibe di Terli, nel comune di Santa Barbara d’Istria.

I massacri della primavera 1945

Dopo la caduta del terzo Reich, nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo occupò l’Istria e la Dalmazia. Mentre la maggior parte dell’Italia era fuori dalla guerra, sul confine nordorientale (Trieste, Gorizia, Istria e Monfalcone) si vivevano giornate di tensione e di inquietudine. I partigiani jugoslavi di Tito arrivarono nella Venezia Giulia. 

Poco dopo iniziarono i fermi, le perquisizioni, gli interrogatori, i sequestri dei beni e le scomparse. Molti triestini uscivano per comprare il pane e non tornavano più a casa. L’esecuzione sommaria e l’infoibamento furono il destino di coloro che venivano arrestati.

Oltre all’infoibamento, c’erano anche i campi di concetramento in Slovenia, Croazia e in alcuni casi anche in Serbia. Come purtroppo è facilmente intuibile, le condizioni erano al limite della sopravvivenza, chi tentava la fuga veniva fucilato immediatamente. L’esperienza più drammatiche si ebbero a Borovnica, dove l’ammassamento dei deportati fu altissimo.

Il  10 febbraio 1947 fu firmato il trattato di Parigi dove  la Jugoslavia ottenne  l’Istria, Fiume, Zara, la Dalmazia e le isole del Quarnaro. La strategia di Tito era un’integrazione subordinata degli italiani ritenuti meritevoli; il resto era da espellere.

Dal 1944 al 1958 più di 250.000 persone furono costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, al confine orientale con l’Italia, per cercare fortuna altrove. Molti esuli arrivati in Italia furono costretti a sopportare l’atteggiamento ostile dei connazionali.

Perchè le foibe non sono entrate nella memoria collettiva?

Per il governo italiano la questione nordorientale è stata una sconfitta politica in sede internazionale . Benedetto Croce all’Assemblea Costituente parlò di “clausole mortificanti per la dignità dell’Italia”. Lo stesso dichiarò Alcide De Gasperi intevenendo alla conferenza di Parigi.

La questione della Venezia Giulia è stato un argomento scomodo e estabilizzante perchè ha rivelato la debolezza della dirigenza italiana nelle pretese degli jugoslavi e degli anglo-americani. E cosi la memoria collettiva sulle foibe viene sacrificata all’opportunità politica di rimuovere la storia.

Si consiglia di leggere “Foibe- Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria” di Gianni Oliva 

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