Che cosa è davvero sostenibile per la vita umana? E cosa significa agire per la sostenibilità ambientale tra pandemie e guerre?
Sono domande alle quali si cercherà di rispondere nel prossimo documentario-inchiesta della giornalista Rosy Battaglia, “Taranto chiama”.
Essendo una produzione indipendente, da settembre è aperta una raccolta fondi su Produzioni dal Basso, che andrà a finanziare principalmente la distribuzione del docu-inchiesta.
Taranto chiama
“Taranto chiama” è un documentario-inchiesta, che parte da Trieste e arriva a Taranto. Basato sui fatti, dati e testimonianze, vuole dare voce anche agli oltre 5 milioni di persone che, solo in Italia, vivono nelle zone più inquinate e pericolose per la salute umana e gli ecosistemi, i cosiddetti siti di interesse nazionale (SIN), la cui bonifica spetta sempre allo Stato italiano.
La giornalista Rosy Battaglia ha prodotto altri documentari- inchiesta grazie al sostegno di comunità e cittadini: “Storie resilienti” che segue i due doc-inchiesta “La rivincita di Casale Monferrato” (2018) e “Io non faccio finta di niente” (2020) sulle lotte civiche di Brescia.
Qualche appunto
Il 28 dicembre il governo ha approvato il decreto legge che rafforza il patrimonio dell’ex Ilva e ripristina lo scudo penale (impunità) pur di continuare a produrre acciaio.
A febbraio 2022 l’Onu nel rapporto del Relatore speciale sulla questione del diritto umano al godimento di un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, ha definito la città pugliese “zona di sacrificio”, una delle più inquinate della Terra.
La Corte Europea per i Diritti Umani ha condannato lo Stato Italiano per ben quattro volte, dopo la sentenza del 24 gennaio 2019, perchè “continua ancora oggi a non tutelare la salute dei cittadini dagli effetti delle emissioni nocive del siderurgico e non procede alle bonifiche di tutta la zona coinvolta dall’inquinamento”.
Nelle motivazioni della sentenza “Ambiente Svenduto” i giudici scrivono: “Per descrivere ciò che è stato del territorio tarantino attraverso le descritte condotte, si potrebbe ricorrere al RAZZISMO AMBIENTALE, un termine per indicare zona economicamente arretrate indicate per realizzare grandi impianti industriali o altre fonti inquinanti, senza che le istituzioni preposte effettuino controlli e, in ultima analisi, senza alcuna considerazione della popolazione residente, costretta a vivere in un ambiente gravemente compromesso e esposta a maggiori rischi per la salute.”
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