Mercoledì 14 settembre, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sul salario minimo, con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni.
La nuova direttiva, concordata a luglio, si applicherà a tutti i lavoratori dell’UE con un contratto o un rapporto di lavoro. I Paesi UE, dove il salario minimo gode già di protezione, grazie ai contratti collettivi, non saranno tenuti a introdurre queste norme o a rendere gli accordi già previsti universalmente applicabili.
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La definizione del salario minimo rimane di competenza dei singoli Stati membri, i quali dovranno però garantire che i loro salari minimi consentano ai lavoratori una vita dignitosa, tenendo conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione.
L’altra strada possibile al salario minimo è la contrattazione collettiva a livello settoriale e interprofessionale, che è un fattore essenziale per determinare i salari minimi adeguati. Gli Stati membri in cui meno dell’80% dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, dovranno – congiuntamente alle parti sociali – stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale. Pertanto non è il caso dell’Italia che ha un’elevata copertura della contrattazione collettiva.
Inoltre nel testo concordato viene introdotto l’obbligo per i Paesi UE di istituire un sistema di monitoraggio affidabile, nonché controlli e ispezioni sul campo, per garantire conformità e contrastare i subappalti abusivi, il lavoro autonomo fittizio, gli straordinari non registrati o la maggiore intensità di lavoro.