Il regime iraniano reprime le proteste anche con i proiettili italiani

La vicenda delle cartucce della ditta franco italiana Cheddite, ritrovate prima nel 2021 nel teatro birmano e nei giorni scorsi sulle strade iraniane della protesta per la morte di Masha Amini, scuote politici e associazioni. Gli onorevoli Boldrini e Fratoianni hanno annunciato delle interrogazioni.

Oltre alle interrogazioni in Parlamento, Amnesty International, Italia Birmania Insieme, Opal, Rete Pace Disarmo e Atlante delle guerre, hanno inviato una lettera alla società interessata, dove chiedono “delucidazioni riguardo al ritrovamento e all’utilizzo di cartucce per fucili a marchio Cheddite nell’ambito della repressione delle proteste in Iran, scoppiate in seguito alla morte della ventiduenne Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre scorso, e sedate nel sangue dalle autorità iraniane”.

Un’altra lettera è stata inviata al Ministro Antonio Tajani (Esteri), del Ministro Matteo Piantedosi (Interno) e al Ministro Guido Crosetto (Difesa).

L’inchiesta di France 24 Observers

Il 25 novembre France24 ha pubblicato l’inchiesta “Les cartouches de fusil du fabricant franco-italien Cheddite sont utilisées dans la répression en Iran”.
La redazione ha analizzato più di 100 foto e video che mostrano lacrimogeni, proiettili di fucile, proiettili di paintball e cartucce per fucili, ampiamente utilizzati dalle forze di sicurezza iraniane. Da queste analisi, è emerso che le 13 cartucce recuperate da otto diverse città iraniane portano il logo Cheddite, l’azienda franco-italiana.

In alcune immagini si notano cartucce  con inciso “Cheddite 12” sulla base e “Shahin 2017/24” sulla custodia in plastica verde.

Fonte:https://observers.france24.com/

 

“Questo design a 12 stelle corrisponde al timbro sul sito Web Cheddite e su altri siti Web che presentano prodotti Cheddite”, ha affermato Neil Corney della Omega Research Foundation.

Queste cartucce non dovrebbero essere in Iran 

Il regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n. 359/2011, adottato il 12 aprile 2011, vieta “l’esportazione, diretta o indiretta, di attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna” in Iran, comprese “armi da fuoco, munizioni e relativi accessori” .

Il divieto si estende anche alle cartucce per fucili e ai loro componenti, a prescindere dalla loro destinazione d’uso o dal canale di vendita.

“Cheddite è legalmente responsabile se l’Iran ha acquistato i prodotti direttamente o da terzi. Cheddite deve controllare i suoi acquirenti e assicurarsi che non rivendano i prodotti a organizzazioni terroristiche o paesi vietati dalle norme dell’UE, poiché i suoi prodotti non sono a duplice uso, ma sono progettati per ferire o danneggiare, uccidere.” – ha dichiarato il consigliere economico dell’Ue, Mehrdad Emadi.

Chiarimenti dal ministero degli Esteri e risposta delle ong 

Riteniamo altamente problematico il fatto che sia stato concesso il permesso alla Cheddite S.r.l. di esportare “cartucce o polvere da sparo” verso la Turchia, paese che può averle vendute all’Iran. Tale genere di materiali, infatti, può essere utilizzato non solo per il munizionamento di tipo comune, sportivo o da caccia, ma anche per l’utilizzo da parte di corpi di sicurezza. Lo hanno scritto oggi cinque associazioni della società civile italiana in risposta alla lettera di chiarimenti che il Ministro plenipotenziario Alberto Cutillo, Direttore Autorità nazionale – UAMA, ha inviato loro il 9 dicembre.

La lettera rispondeva a una richiesta di chiarimenti delle associazioni dopo che in novembre è emerso l’ennesimo coinvolgimento, seppur indiretto, della ditta italo francese Cheddite di Livorno le cui cartucce sono state ritrovate in Iran nei luoghi delle manifestazioni iniziate dopo la morte di Mahsa Amini. Amnesty International Italia, Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Italia-Birmania Insieme, Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) e Rete Italiana Pace e Disarmo avevano già chiesto chiarimenti in merito alle attività della Cheddite nel 2021, quando era emerso l’utilizzo di cartucce col marchio dell’azienda in Myanmar e dopo che tale utilizzo era già stato segnalato precedentemente in Siria.

Nella sua lettera di chiarimenti UAMA, che sulla vicenda ha interpellato l’azienda, spiegava che “solo i bossoli prodotti e marchiati Cheddite possono essere stati venduti ad aziende iraniane e da quest’ultime utilizzate per la produzione di cartucce complete”, ma proprio per questo, sostengono le 5 associazioni nella replica a UAMA, “alla luce del comprovato uso non necessario e sproporzionato della forza” si ritiene che “nessuna licenza di esportazione dovrebbe essere concessa per ogni tipo di materiale che potrebbe esser utilizzato per la repressione interna o per comporre munizionamento destinato a Paesi terzi”. Risulta infine difficile – è scritto ancora nella replica – “avvalorare la tesi portata avanti dalla Cheddite S.r.l. riguardo alla sua estraneità a qualunque fornitura, diretta o indiretta, all’Iran, alla luce dell’attuale quadro normativo nazionale che non annovera i bossoli tra i materiali soggetti a vincolo in export. Siamo di fronte – conclude la missiva a UAMA – a un grave vulnus normativo che permette ad un’azienda nazionale di esportare parti essenziali di una munizione a paesi vietati e regimi repressivi”.

Le associazioni ribadiscono pertanto l’urgenza per le autorità italiane di contrastare immediatamente ogni possibile forma di esportazione di armamenti utilizzati per reprimere illegalmente il dissenso in Paesi terzi”, che vi sia “un’integrazione in sede di Regolamento di attuazione, al fine di evitare che episodi gravissimi, come quelli riguardanti l’impresa Cheddite, possano ripetersi” e “un monitoraggio più stringente sull’attuazione del blocco delle esportazioni di armamenti e munizioni previste dalla legislazione italiana e dalle misure restrittive europee”.

Precedenti: cartucce dell’azienda Cheddite furono ritrovate in Myanmar

Il caso dell’Iran non è l’unico. Nel marzo 2021 la stampa estera riportò la notizia del ritrovamento di bossoli di fabbricazione italiana negli episodi di violenza scaturiti dal colpo di Stato in atto in Myanmar. Queste munizioni sarebbero state utilizzate dalle forze governative per colpire un’ambulanza che trasportava dei feriti.

Dalle informazioni diffuse dal quotidiano locale “The Irrawaddy”, il bossolo riportava la scritta “Cheddite” . Gli altri bossoli di questa azienda furono utilizzate dalle forze di sicurezza contro i manifestanti nei giorni successivi.

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