Uno dei temi più dibattuti di questi ultimi anni riguarda l’introduzione del salario minimo. L’Italia è uno dei pochi paesi a non avere il salario minimo insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro, dove una misura di questo tipo esiste, ma solo per certe categorie di lavoratori.
A novembre la Camera ha votato contro il salario minimo, ma ha approvato una mozione che impegna il governo a svolgere una serie di iniziative volte a tutelare i lavoratori.
A livello europeo, a settembre, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sul salario minimo, con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni. La nuova direttiva, concordata a luglio, si applicherà a tutti i lavoratori dell’UE con un contratto o un rapporto di lavoro. I Paesi UE, dove il salario minimo gode già di protezione, grazie ai contratti collettivi, non saranno tenuti a introdurre queste norme o a rendere gli accordi già previsti universalmente applicabili.
Cos’è il salario minimo
Il salario minimo è la soglia minima di retribuzione che per legge deve essere conferita al lavoratore. Il livello del salario minimo viene determinato generalmente tramite legge: in tal caso si parla di salario minimo legale (SML). Gli altri paesi utilizzano il contratto collettivo, eventualmente accompagnato da meccanismi di estensione legale (come in Austria e Finlandia).
Il salario minimo è considerato uno strumento di lotta contro la povertà e contro le disuguaglianze economiche.
Dalla relazione del Gruppo di lavoro del ministero è emerso che un quarto dei lavoratori
italiani ha una retribuzione individuale bassa e più di un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà. I settori più colpiti sono la logistica, la ristorazione, il turismo, i beni culturali e l’assistenza alle persone.
I favorevoli
Il M5, il Partito Democratico e Leu hanno fatto loro la battaglia del salario minimo. In questo dibattito c’è stato anche l’endorsement del presidente Inps Tridico, secondo cui questa misura aiuterebbe le donne e i giovani, ovvero coloro che sono stati maggiormente penalizzati dalla crisi.
Il partito Possibile ha attivato anche una proposta di legge di iniziativa popolare che ha lo scopo di rimettere al centro del dibattito parlamentare la questione della giusta retribuzione.
La principale obiezione all’introduzione del salario minimo
Tra i non favorevoli al salario minimo “erga omnes” ci sono la Cisl, Confindustria e il centro-destra. Secondo le organizzazioni sindacali i salariali minimi già esistono nei contratti collettivi, anche se ammettono l’esistenza di paghe molto basse in alcuni settori. La strada quindi è quella d’inserire i contratti per quei settori che ora sono sprovvisti.
Inoltre, i 9 euro lordi all’ora proposti come salario minimo, sono inferiori alla cifra stabilità da molti contratti collettivi nazionali. Questo determinerebbe la fuga di molte aziende dalla contrattazione collettiva e di conseguenza molti lavoratori percepirebbero un salario più basso di quello che percepiscono oggi. Per il presidente di Confindustria Bonomi occorre colpire i contratti pirata, che vengono fatti da chi non ha rappresentanza e fanno dumping salariale.
Cosa succede in Europa
Stando ai dati Eurostat nell’Unione Europea solo 6 paesi su 27 non hanno un salario minimo. Questi sono l’Italia, Austria, Cipro, Svezia, Finlandia e Danimarca. Ma in questi ultimi tre Paesi i salari sono cresciuti e solo una piccola percentuale di lavoratori non gode di contratti collettivi. Mentre in Italia, secondo i dati Ocse dal 1990 al 2019 i salari sono diminuiti del 2,9%.
I salari minimi più alti sono in Lussemburgo (2.141,99 €), Irlanda (1.656,20 €) e Germania (2.112,00 €); quelli più bassi in Bulgaria (311,89 €), Lettonia (430,00 €) ed Estonia (584,00 €).
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