In che modo la crisi climatica potrebbe portarci a una crisi finanziaria

Secondo la Banking on Climate Chaos 2021, tra il 2016 e il 2020 le 60 maggiori banche  mondiali hanno concesso 3,8 trilioni di dollari all’industria dei combustibili fossili.

Dal nuovo studio di ReCommon redatto insieme a Institut Rousseau, Les Amis de la Terre France, Reclaim Finance ONG e altre realtà della società civile internazionale, emerge che le 11 principali banche europee rischiano di riportarci in una profonda crisi finanziaria.

Cosa sono i combustibili fossili e quanto sono pericolosi

I combustibili fossili  rappresentano la causa primaria del riscaldamento globale degli ultimi 50 anni. Il loro sfruttamento e l’utilizzo nelle attività industriali sta nella genesi dello scioglimento dei ghiacciai, nell’aumento progressivo del livello del mare e nella scomparsa di alcune specie animali.

Si chiamano combustibili perchè si possono bruciare con conseguenti danni all’ambiente e alla salute. L’impiego del gas, petrolio e carbone negli ultimi vent’anni ha prodotto 3/4 dell’aumento di CO2 nell’atmosfera. Questo spiega perchè  i governi stanno investendo ingenti somme nella transizione ecologica.

La dipendenza delle banche dai combustibili fossili potrebbe causare una crisi finanziaria

Prima e dopo l’Accordo di Parigi 2015 le banche hanno accumulato centinaia di miliardi di asset finanziari relativi allo sviluppo, all’esplorazione, al trasporto e all’uso di gas, petrolio e carbone.

Oggi questi asset fossili  rischiano di essere svalutati per effetto dell’implementazione dell’Accordo di Parigi 2015 che ridurrà in modo significativo l’uso dei combustibili fossili, con la conseguente perdita di liquidità e di valore. In questo  contesto  si potrebbero creare turbolenze o addirittura generare una crisi finanziaria, come avvenne con la crisi dei subprime.

Le banche europee sono sull’orlo di un collasso

La ricerca ReCommon e di altre organizzazioni della società civile rivela che le 11 banche dell’Eurozona hanno accumulato in asset fossili oltre 530 miliardi di euro, pari al 95% del loro patrimonio netto.

Nonostante tutto, in contraddizione con gli impegni e l’Accordo di Parigi 2015, le banche continuano a fornire sostegno finanziario ai combustibili fossili, ignorando i gravissimi rischi. Secondo la Banking on Climate Chaos 2021, nel solo 2019, le 11 banche europee hanno concesso 95 miliardi per finanziare i combustibili fossili.

Pertanto se questa tendenza non venisse invertita, in assenza di una regolamentazione  finanziaria, gli stock di asset relativi ai combustibili  fossili continueranno a crescere, e i rischi finanziari continueranno ad aumentare.

In pericolo ci sono anche due principali banche italiane: UniCredit e Intesa Sanpaolo, banca fossile n.1 in Italia e che fra il 2016 e il 2020 ha finanziato carbone, petrolio e gas con 44,8 miliardi di euro.

Le soluzioni

Gli alti rischi posti dagli asset fossili richiedono una politica volta a fermare i finanziamenti all’industria dei combustibili fossili, al fine di salvaguardare l’economia  e il pianeta. Per fare questo occorre mettere fine al sostegno indiretto delle politiche monetarie e la revisione delle normative nazionali ed europee. In particolare: l’esclusione dei combustibili fossili dalle acquisizioni di asset e dall’elenco delle garanzie reali poste dalla BCE; un quadro giuridico che regoli il sostegno delle istituzioni finanziarie ai combustibili fossili; regolamenti finanziari che tengano conto dei rischi associati ai finanziamenti.

Poi si deve affrontare la questione dei bilanci sovraccarichi delle banche. In tal senso l’intervento della BCE attraverso la creazione di una “banca fossile”, potrebbe essere necessaria per liberare le banche da questi asset “tossici”.

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