In montagna è sos neve, a pesare la crisi climatica e l’aumento delle temperature con impatti negativi anche sul turismo invernale e la stagione sciistica. La neve vera è sempre più rara, visto che su Alpi e Appennini a causa dell’aumento delle temperature nevica sempre di meno con impatti negativi. Di conseguenza gli operatori sono costretti a ricorrere alla neve artificiale. L’Italia è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente.
I ghiacciai alpini sono sempre più fragili, vulnerabili e instabili per effetto per effetto di una crisi climatica che prosegue a ritmo irrefrenabile. Nel 2022 i cosiddetti giganti bianchi hanno fatti i conti con un’estate caldissima caratterizzata da intense ondate di calore, record di temperature per il Nord Italia e siccità estrema.
L’emergenza siccità non è mai finita. Laghi e fiumi sono in forte sofferenza, quasi in secca come la scorsa estate, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata.
Il rapporto di Legambiente
L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%. Preoccupante ilnumero di bacini idrici artificiali presenti in montagna ubicati in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. Nel Centro Italia, l’Abruzzo è quello che ne conta di più, ben 4. In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” – sono 138 – sia quelli sottoposti a “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181.Tutti impianti censiti da Legambiente che quest’anno allarga il suo monitoraggio includendo anche altre categorie: quelle degli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, ossia quei casi che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore. In totale sono 84. La categoria degli “edifici fatiscenti”, 78 quelli censiti. Ed infine la categoria “smantellamento e riuso”, 16 i casi censiti. E’ quanto emerge dal rapporto di Legambiente, “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi. climatica.”
Per Legambiente il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, l’associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di m³ che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti. Inoltre l’innevamento artificiale richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. A questi si aggiunge il costo della produzione di neve artificiale sta anche lievitando, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023.
Pertanto Legambiente ribadisce l’urgenza di ripensare ad un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, partendo da una diversificazione delle attività. Lo impone la crisi climatica che avanza e che sta avendo anche pesanti impatti sull’ambiente montano. Difronte a ciò l’Italia non può più restare miope, ne può pensare di poter inseguire la neve.
“E’ fondamentale che nella lotta alla crisi climatica l’Italia cambi rotta mettendo in campo politiche più ambiziose ed efficace, aggiornando e approvando entro la fine di marzo il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, e rindirizzando meglio i fondi del PNRR”. Ha dichiarato Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente.
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