La Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne è comunque un’ occasione di riflessione sulle gravi problematiche che attanagliano la condizione della donna. In particolare in questo post ci soffermeremo sul mondo del lavoro in Italia.
In Italia la precarietà è soprattutto donna
Dal sesto rapporto del Censis è emerso che la percentuale dei contratti non standard (contratti precari) raggiunge il 46,3% tra le femmine, rispetto al 34,2% dei maschi. Il part-time involontario, con meno ore lavorate e quindi retribuzioni più basse, coinvolge il 10,3% dei lavoratori italiani: il 16,7% delle donne (rispetto al 5,7% degli uomini) e il 13,9% dei 15-34enni. Tra gli occupati giovani, la percentuale del part-time involontario raggiunge il 20,9% tra le femmine e si ferma al 9,0% tra i maschi. La precarietà è giovane e ancor più donna, e alimenta una parte significativa della mobilità nel mercato del lavoro.
Secondo il rapporto Svimez, il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno è molto lontano dalla media europea. In Italia il gap con l’Europa, di circa 10 punti all’inizio del secolo, è ulteriormente aumentato, avvicinandosi ai 15 punti nel 2022.
Per le donne, i problemi familiari sono tra le principali cause di dimissioni volontarie: nel 2020 oltre il 77% delle
convalide di dimissioni di genitori di figli tra 0 e 3 anni è ascrivibile alle donne. Sul totale delle convalide la dichiarazione più frequente è la difficoltà di conciliare occupazione ed esigenze di cura della prole, sia per carenza di servizi di cura, sia per difficoltà a organizzare il lavoro.
Il divario tra Nord e Sud nei servizi per l’infanzia
La mancanza dei servizi per l’infanzia è un disincentivo all’occupazione femminile. Secondo un’analisi di Openopolis, 20 province dove il 75% delle donne 35-44 anni lavorano, superano l’offerta media nazionale di nidi (27,2%), attestandosi spesso nelle prime posizioni in Italia per ampiezza del servizio. Tra questi ci sono Ravenna, Bologna, Perugia, Trieste, Firenze, Reggio nell’Emilia e Aosta. In queste realtà l’occupazione femminile vicina o superiore all’80% si associa a un’offerta superiore ai 40 posti ogni 100 bambini. Addirittura quasi 50 a Ravenna (48,6%) e Bologna (46,5%).
Il Mezzogiorno d’Italia è ancora ben distante, nonostante siano stati fatti dei passi in avanti. Per esempio la Campania in termini assoluti è passata da circa 10mila posti offerti nel 2013 a oltre 15.500 nel 2020. Basilicata e Puglia, pur con incrementi in termini assoluti meno consistenti, sono passate rispettivamente da 12,9 a 21,5 e da 12,1 a 19,6 posti ogni 100 bambini. Tuttavia, tranne la Sardegna, nessuna delle regioni del Mezzogiorno ha superato la media nazionale.
FONTI
Openopolis
Censis
Svimez
Conibimbi.org
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