La Bce annuncia l’aumento dei tassi d’interesse e la fine del Qe

Giovedì 9 giugno, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha annunciato la fine della politica monetaria basata sul Quantitative easing e l’aumento dei tassi a partire dal 1 luglio. L’obiettivo è contenere l’inflazione che a maggio nell’area euro è volata all’8,1%, a causa della guerra in Ucraina e della crisi dei commerci.

Cos’è il quantitative easing

Si tratta di uno strumento di politica monetaria non convenzionale, a cui le Banche centrali ricorrono per stimolare la crescita economica (investimenti, occupazione…) e per sostenere anche il debito.

Con questo strumento la Bce crea nuovo denaro, che utilizza per acquistare i titoli,  determinando nuova liquidità per le banche che possono fare prestiti a tassi d’interesse bassi, stimolando così gli investimenti.

Questo sistema è stato attivato dalla Bce nel 2015 con l’acquisto di attività finanziarie per 60 miliardi di euro al mese, aumentati di 80 nel marzo 2016. Il programma poi è stato prorogato fino a marzo 2017 e poi ulteriormente prorogato fino a dicembre dello stesso anno. Nell’ottobre 2017 la Bce l’ha prolungato di nove mesi, fino a settembre 2018, diminuendo l’entità della misura di 30 miliardi al mese. A giugno del 2018 la Bce ha esteso il q.e. a tutto l’anno, portando nei mesi di ottobre, novembre e dicembre gli acquisti netti mensili a 15 miliardi di euro. Un nuovo piano di acquisti è stato varato nel settembre 2019 . Nel 2020 ha varato  un piano di acquisti netti aggiuntivi di 120 miliardi di euro fino alla fine dell’anno per far fronte all’emergenza coronavirus. Nello stesso anno la Bce ha varato un nuovo q.e. (PEPPPandemic Emergency Purchase Programme), poi rafforzato fino ad arrivare 850 miliardi di euro e in vigore almeno fino alla fine del marzo 2022.

L’annuncio della Bce

La Bce con un comunicato ha fatto sapere che dal 1 luglio ci sarà la fine del Quantitative easing e un primo aumento dei tassi di interesse dello 0,25%, successivamente seguiranno ulteriori aumenti fino a quando l’inflazione non sarà riportata al 2%, obiettivo che secondo la banca centrale sarà raggiunto ento il 2024.

Storicamente le banche centrali utilizzano la leva dei tassi di interesse per rimettere sotto controllo l’inflazione. In questo caso la Bce ridurrà l’offerta di moneta, vendendo titoli, diminuirà il prezzo e aumenteranno i tassi di interesse.

Con i tassi di interessi alti diventa meno conveniente investire (accedere a un mutuo per la casa o per la propria attività). Di conseguenza queste condizioni potrebbero rallentare la crescita economica. Se l’economia si “raffredda”, scende l’inflazione, ma c’è comunque il rischio che si arrivi alla recessione. Nel comunicato la Bce  si definisce ottimista sulla crescita economica in zona euro nei prossimi anni.

Quali conseguenze per l’economia italiana

La situazione sui conti pubblici italiani si fa sempre più complicata per  l’aumento delle spese dei tassi di interesse sul debito. I margini di bilancio si riducono, ma come scrive il Corriere, le buone entrate derivanti dall’Iva e alcuni rinvii sul bilancio, potranno continuare a finanziare il prossimo decreto aiuti per imprese e famiglie.  Ma sarà l’ultimo intervento finanziabile senza debito. Si capirà meglio con il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno.

Nel frattempo i mercati reagiscono male e il rialzo dello spread è un segnale molto chiaro.

 

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