La crisi politica del Perù

Negli ultimi anni il Perú è precipitato in una lunga crisi politica, che si è aggravata dopo l’arresto dell’ex presidente Castillo e le proteste che ne sono seguite. La nuova presidenza di Dina Boluarte si è caratterizzata sin da subito per la durissima repressione. Secondo l’ufficio del Difensore civico del Perú, nel corso della repressione delle proteste sono finora morti almeno 46 manifestanti e un agente di polizia. Altre nove persone hanno perso la vita in circostanze comunque legate alla crisi sociale in atto nel paese.

Da dicembre migliaia di persone manifestano per chiedere la liberazione di Castillo, ma non il reintegro, la rimozione della presidente Dina Boluarte, lo scioglimento del Congresso, le elezioni anticipate e la convocazione di un’Assemblea Costituente. Ma le nuove elezioni sono state indette per l’aprile del 2024.

Per la presidente la situazione è sotto controllo e ha smentito le false notizie sulle presunte dimissioni. Dina Boluarte ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di dimettersi e si è scusata per le morti avvenute negli scontri tra manifestanti e forze di polizia/militari. Il mio impegno è con il Perù, non con quel gruppetto che sta facendo sanguinare il Paese”- ha dichiarato la presidente.

Cosa succede

La crisi politica si è intensificata quando, il 7 dicembre 2022, l’allora presidente Pedro Castillo ha annunciato lo scioglimento del Congresso nazionale (il parlamento). La Corte costituzionale e lo stesso Congresso hanno respinto tale decisione e Castillo è stato arrestato il giorno stesso. Pedro Castillo è stato condannato a 18 mesi di carcere con l’accusa di ribellione e tentato di colpo di Stato. 

La vicepresidente Dina Boluarte ha rapidamente prestato giuramento come presidente e le autorità locali l’hanno formalmente riconosciuta come la nuova presidente. 

Dopo il nuovo passaggio, la gente è scesa in piazza per chiedere l’immediato scioglimento del Congresso e nuove elezioni. La risposta del governo non si è fatta attendere,  dichiarando  lo stato di emergenza e usando il pugno duro contro le persone che manifestavano.

Gli ultimi 7 presidenti tra corruzione, impeachment e colpo di stato 

L’attuale situazione politica ha radici profonde. Negli ultimi anni la politica peruviana è stata caratterizzata da casi di corruzione, che hanno stravolto inevitabilmente i governi e il paese. Nel 2000 fu estromesso e condannato a 25 anni di carcere il dittatore Alberto Fujimori. Le accuse erano di corruzione e crimini contro l’umanità. Fujimori introdusse la corruzione e  distrusse quanto restava di professionalità e coscienza civica nella pubblica amministrazione.

Dopo il dittatore, seguì Alejandro Toledo, in carica fino al 2006, anche lui incriminato per corruzione.

A Toledo subentrò Alan García, che rimase in carica fino al 2011.

Dal 2011 al 2016, giunse  Ollanta Kumala, poi arrestato insieme alla moglie per riciclaggio di denaro.

Il successore Pedro Pablo Kuczynski, che alle elezioni aveva battuto Keiko Fujimori, la figlia del dittatore,  si dimise nel 2018, quando il Congresso autorizzò la procedura di impeachment.

Al posto di Kuczynski, venne eletto Martin Vizcarra. Successivamente venne estromesso dall’impeachment.

Giunse Manuel Merino che si dimise dopo 5 giorni al potere.

Nel 2021 venne eletto Pedro Castillo, poi deposto e arrestato per tentato colpo di stato.

In cerca di una costituzione  

La crisi politica è determinata anche da una profonda fragilità della democrazia, in particolar modo nella costituzione. Il dibattito sulla necessità di riformare la Costituzione peruviana del 1993 ha avuto origine del processo politico per il ritorno alla democrazia, al termine del decennio fujimorista. Dal Rapporto della Comisión de Estudio de las Bases de la Reforma Constitucional voluta dal Governo del Presidente Valentín Paniagua nel maggio 2001 è emerso che la Carta del 1993 manchi dell’attitudine a fungere da fondamento dell’ordine sociale, politico ed economico del Paese.

«La Costituzione del 1993 è servita solo da strumento della dittatura, poiché è stata svuotata di contenuto, non è stata rispettata nei pochi precetti innovativi e democratici che erano stati da essa recepiti, ed inoltre è servita a proteggere atti di corruzione e violazioni dei diritti, perdendo così ogni legittimità che avrebbe potuto avere o a cui avrebbe potuto aspirare. Sebbene non avesse legittimità d’origine, avrebbe tuttavia potuto conoscerne una nella applicazione, che è però anch’essa mancata» si conclude nel rapporto.

Si tratta di una struttura che piace molto all’oligarchia del Paese, ma non ai cittadini che sono esclusi dalla vita politica del paese. E per tale motivi la classe politica attuale non ha alcun interesse a cambiare la Costituzione. Di conseguenza il Paese continuerà a vivere nella totale incertezza, tra corruzione e tentativi di colpi di stato.

Immagine di copertina: account Twitter Waika.

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