Secondo le stime, nel mondo 160 milioni di bambini e adolescenti tra i 5 -17 anni, sono costretti a lavorare. Più della metà svolge lavori duri che possono compromettere la loro salute psico-fisica. L’Unicef e l’Oil stimano che entro la fine di quest’anno, in assenza di misure specifiche, il numero potrebbe salire a 168,9 milioni di bambini e adolescenti.
Il lavoro minorile nei paesi poveri
Il fenomeno del lavoro minorile è particolarmente diffuso nei paesi poveri. Nell’Africa subsahariana la quota di minori che lavorano arriva al 23,9%: 86,6 milioni di bambini e ragazzi.
Da anni in Congo si consuma lo sfruttamento dei minori nelle miniere di cobalto, il minerale utilizzato per produrre smartphone, pc, tablet e altri dispositivi elettronici.
In questi paesi i bambini e gli adolescenti sono costretti a lasciare la scuola, perchè i genitori non sono in grado di mantenerli.
In Afghanistan sono 1/5 le famiglie che sono state costrette a mandare a lavoro i propri figli e le proprie figlie.
La situazione in Italia
Una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, pubblicata nel 2021, stima che in Italia 2,4 milioni di occupati in età 16-64 anni hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, ovvero complessivamente il 10,7% degli occupati nel 2020. Un fenomeno leggermente più diffuso nelle regioni del Nord Italia e con più di 230mila (4,7%) occupati con meno di 35 anni che dichiarano di aver svolto una qualsiasi forma di lavoro retribuita già prima dei 16 anni. Nel 2019, l’Ispettorato del Lavoro ha accertato solo 243 casi di occupazione irregolare e illecita di minori di età inferiore ai 16 anni, un dato sceso a 127 l’anno successivo data la pandemia Covid-19.
I numeri sono sottostimati, a causa della mancanza di una rilevazione sistematica in grado di definire il fenomeno in modo puntuale e continuativo.
Il lavoro minorile è spesso causa o effetto del fenomeno della dispersione scolastica, un nodo critico del nostro Paese, dove la quota dei giovani 18-24enni escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica. Più di mezzo milione di giovani rischiano l’esclusione o un debole inserimento in un mercato del lavoro precario e non qualificante. Anche il numero di ragazzi e ragazze NEET, ovvero coloro tra i 15 e 29 anni fuori da percorsi di istruzione, formazione e lavoro, si attesta al di sopra dei 2 milioni, il 23,3%, tra le percentuali più alte in Europa.
L’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030
L’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite richiama alla necessità di intraprendere azioni ed adottare misure per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025. Nel 2021, anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile, l’ILO ha lanciato insieme ai suoi partner, tra cui la nostra Organizzazione, l’Alleanza 8.7, un’iniziativa mondiale tra Stati membri, parti sociali, imprese, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali per porre fine al lavoro minorile, al lavoro forzato, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani.
Fonti: Save The Children
Openopolis