La crisi di governo si è chiusa con Mattarella che ha affidato all’ex presidente della Bce, Mario Draghi, l’incarico di formare un governo di “alto profilo”, che non deve identificarsi con nessuna formula politica.
In queste ore molti paragonano il presidente incaricato al governo Monti quando governò dal 2011-2013.
Ma guardando la realtà in modo obiettivo, senza pregiudizi politici e ideologici, ci rendiamo conto che le persone e i contesti sono differenti.
Monti fu chiamato per una grave crisi economica ma soprattutto finanziaria dove l’Italia rischiava il default.
Oggi la crisi è sanitaria, economica e sociale a causa di una pandemia in corso.
L’Italia oggi non è chiamata a tagliare, ma a spendere in modo corretto i tantissimi fondi del Recovery Plan.
Il governo Monti
La crisi finanziaria del 2008 che partì dagli Stati Uniti con il fallimento dei Lehman Brothers, negli anni a seguire, determinò nell’Eurozona una gravissima recessione e la crisi del debito sovrano (2010-2011).
I paesi dell’eurozona presentavano importanti differenze nelle condizioni di finanza pubblica e nel tasso di crescita. Da una parte c’erano i Paesi core (come la Germania) che si connotavano per livelli contenuti del debito pubblico e per un‘attività economica più solida. Dall’altra i Paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), o “periferici”, che si caratterizzavano per una maggiore vulnerabilità legata a dinamiche non sostenibili del debito pubblico, dovuta all’indebitamento accumulato negli anni, all’incremento incontrollato del deficit e a bassi tassi di crescita del PIL e, non ultimo, agli oneri delle operazioni di salvataggio degli istituti bancari in crisi.
In Italia la crisi si manifestò in tutta la sua gravità nei primi giorni del mese di luglio del 2011, quando il rendimento dei Btp decennali raggiunse livelli prossimi al 7 per cento, con il conseguente innalzamento del costo complessivo di rifinanziamento del debito pubblico. Il differenziale di rendimento rispetto al Bund tedesco (il cosiddetto spread) passò in pochi mesi da valori inferiori ai 200 punti base a valori superiori ai 500 punti base (570 punti nel mese di novembre). Un ampliamento così consistente dello spread fu il risultato dell’effetto combinato da un lato dell’incremento della percezione del rischio sovrano italiano e dall’altro della preferenza degli investitori verso i titoli tedeschi, considerati più sicuri (cosiddetto flight to quality).
Il 9 novembre l’allora governo Berlusconi con il voto sul rendiconto capì che non aveva più la maggioranza assoluta e gettò la spugna. Il 16 novembre 2011 l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, diede l’incarico a Mario Monti di formare un governo tecnico. Lo spread scese a 368 punti il 6 dicembre, ma poi superò quota 500 a fine anno.
Vista la situazione del Paese, il mandato di Monti fu caratterizzato da scelte impopolari e austere come la riforma Fornero delle pensioni, la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa, il pareggio di bilancio in Costituzione, liberalizzazioni e la razionalizzazione delle spesa pubblica. Furono anni molto difficili, fatti di proteste sociali. Monti alla fine non riuscì ad avere un sostegno dalla politica sulle riforme durature e significative. E il suo mandato terminò nel 2013.
L’Italia oggi
Da un anno tutto il mondo è in una pandemia. Il futuro presidente del consiglio si troverà ad affrontare una serie di emergenze: la pandemia, il piano vaccini, la questione sociale (a marzo scade il blocco dei licenziamenti…) ed economica ( migliaia di partite iva e Pmi sono fallite e molte sono sull’orlo del fallimento…). A queste emergenze si aggiunge la riscrittura del Recovery Plan, ovvero l’Italia deve dire all’Europa come vuole spendere i 209 miliardi di euro che riceverà a fondo perduto e a prestito.
Come la pensa Draghi?
Per avere un’idea di come la pensi Draghi, un anno fa, all’inizio della pandemia, in un articolo sul Financial Times scrisse che gli Stati saranno costretti a fare debito pubblico, ma bisogna fare il modo che sia di “buona qualità”, ovvero non solo fornendo un reddito di base alle persone che perdono il lavoro, ma proteggendo anche l’occupazione e la capacità produttiva delle imprese.
Concludendo, non è compito di questo articolo dire se Draghi è l’uomo giusto o sbagliato per governare il Paese, questo lo dirà il tempo. Però è importante specificare che il contesto economico e finanziario in cui governò Monti è profondamente differente da quello di oggi. Pertanto le politiche lacrime e sangue di Monti che molti paventano, oggi non avrebbero alcun senso.