L’Italia continuerà a dare sussidi pubblici all’industria fossile

L’Italia continuerà a finanziare l’industria fossile, disattendendo gli impegni presi alla Cop26 di Glasgow. Lo si legge in un documento  reso pubblico a marzo dai canali social della coalizione internazionale Export Finance for Future di cui l’Italia fa parte.

Oggi la SACE, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, si colloca al sesto posto globale e al primo in Europa tra i finanziatori pubblici dell’industria fossile. Tra il 2016 e il 2021, SACE ha emesso garanzie (assicurazioni sui progetti o garanzie sui prestiti per la realizzazione dei progetti) per i settori del petrolio e del gas pari a 13,7 miliardi di euro, che rappresentano una fetta importante dei cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi” italiani.

L’impegno preso a Glasgow, poi disatteso dall’Italia

A novembre 2021, in occasione della Conferenza sul clima di Glasgow, 34 paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche firmarono un impegno congiunto (“Dichiarazione di Glasgow”) per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici internazionali ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2022.

I paesi sostenitori dell’industria fossile come Regno Unito, Francia, Canada, Svezia, Finlandia, Danimarca e Nuova Zelanda, hanno rispettato ampiamente la promessa fatta a Glasgow. Mentre altri paesi come  Paesi Bassi, Spagna e Belgio, hanno assunto politiche deboli, che lasciano ampi spazi di supporto finanziario ai settori del petrolio e del gas.

La decisione del governo italiano

L’organizzazione Recommon  ha evidenziato un problema di trasparenza, poichè la decisione del governo non è stata comunicata attraverso i canali istituzionali del ministero dell’Economia e delle Finanze o dell’Ambiente e  Transizione ecologica. Inoltre si sottolinea che dietro  una presunta sicurezza energetica, si nascondino interessi delle multinazionali dell’energia, degli istituti di e agenzie di credito.

Secondo Recommon con questa policy  alcuni progetti potrebbero richiedere il supporto finanziario di SACE addirittura nel 2025. Le multinazionali proponenti, con il supporto di quelle costruttrici, potrebbero ultimarli nel 2030 e il gas prodotto arrivare in Italia dal 2031. Risulta difficile credere che otto anni sia un lasso di tempo emergenziale tanto da invocare la “sicurezza energetica”. Inoltre, solo una minima parte del gas prodotto arriverà in Italia, come dimostrato dal progetto Coral South FLNG di Eni: supportato finanziariamente da SACE, la prima nave gasiera proveniente dal progetto mozambicano è finita a Bilbao e non certo in Italia.

L’interrogazione parlamentare

La decisione del governo di disattendere gli impegni presi a Glasgow ha destato indignazione, tanto che il gruppo Alleanza Verdi e Sinistra presso la Camera dei Deputati ha presentato un’interrogazione parlamentare orale, volta a chiarire tre aspetti poco chiari di questa vicenda:

– se azione l’azione del Governo e di SACE sia in contrasto palese con gli impegni presi in sede di COP26
se saranno presi i giusti provvedimenti per interrompere gli investimenti pubblici e le garanzie di SACE per progetti esteri legati all’estrazione e al trasporto di combustibili fossili
se non si ravvisi un potenziale conflitto di interessi laddove il presidente del CdA di SACE è anche membro del CdA di Eni.
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