L’Italia deve accelerare sul codice dei crimini internazionali

All’indomani dell’incriminazione e del mandato di arresto della Corte penale internazionale per Vladimir Putin, è necessario che l’Italia acceleri sul codice dei crimini internazionali.
Ad oggi sulla capacità dell’Italia di contribuire alla repressione di questi crimini pesa l’assenza di una legislazione sui crimini internazionali.
La disciplina italiana infatti si presenta lacunosa, datata e quindi ancora non del tutto adattata allo statuto di Roma della Cpi.

Lo scorso Cdm ha approvato un disegno di legge che introduce il Codice dei crimini internazionali proposto dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, del Ministro della giustizia Carlo Nordio e del Ministro della difesa Guido Crosetto.

Il testo introduce nell’ordinamento italiano il crimine di aggressione ed estende i crimini di guerra. Inoltre, amplia universalmente la sua giurisdizione penale, perseguendo i crimini ovunque commessi, se l’autore si trova stabilmente in territorio dello Stato.

Inoltre, il Cdm ha determinato di approfondire, ai fini dell’elaborazione di un ulteriore disegno di legge, i temi inerenti ai crimini contro l’umanità.

Le lacune della legislazione italiana e le possibili conseguenze 

Nella legislazione italiana mancano numerose fattispecie criminose. La disciplina dei crimini di guerra risale  al Codice penale militare di guerra del 1941.

Per i crimini contro l’umanità  manca una categoria autonoma. La tortura e lo stupro sono punibili ai sensi del codice penale. Ma non tengono conto delle circostanze in cui avvengono i crimini, pertanto le pene stabilite dal codice penale potrebbero non essere proporzionali alla gravità del fatto. Inoltre, il codice penale non prevede diversi crimini come l’apartheid, la deportazione, lo sterminio, la persecuzione e il trasferimento forzato della popolazione.

Lo stesso concetto è stato ribadito all’Adnkronos da Maurizio Block, procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, all’indomani dell’incriminazione e del mandato di arresto per Vladimir. Il procuratore ha spiegato che l’Italia avendo ratificato lo statuto di Roma deve eseguire un eventuale ordine di arresto nel caso Putin venga in Italia. Il problema si porrebbe nel momento in cui la Corte di Appello di Roma, competente nel merito, dovesse decidere la sussistenza dei presupposti per consegnarlo alla Corte penale internazionale: in questo caso dovrebbe valutare se i reati per cui Putin è incriminato sono previsti nel nostro ordinamento. Al momento nel nostro ordinamento manca il crimine di deportazione e di trasferimento forzato della popolazione.

 

Fonte: Affari Internazionali

Adnkronos

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