Memorandum Italia-Libia: 4 anni di morte, abusi e torture

A quattro anni dalla firma del Memorandum d’intesa Italia-Libia sul contenimento dei flussi migratori, la situazione è sempre più desolante e riflette il fallimento della politica italiana ed europea, che continua a spendere fondi pubblici con l’obiettivo di fermare gli arrivi nel nostro Paese a discapito dei diritti umani.
E’ la denuncia dell’ASGI, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Oxfam e Sea-Watch, che rilanciano un appello urgente al Parlamento, per un’immediata revoca degli accordi bilaterali e il ripristino di attività istituzionali di Ricerca e Soccorso nel Mediterraneo centrale.

Un passo indietro: cosa prevede il Memorandum Italia-Libia

Il Memorandum Italia- Libia fu firmato nel 2017 dall’allora Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal primo Ministro del governo di riconciliazione nazionale libico al-Serraj. L’accordo regola la politica tra i due paesi in tema d’immigrazione e sbarchi,  nella fattispecie l’Italia  addestra ed equipaggia le autorità libiche , mentre quest’ultime intercettano le persone in mare e le riportano in Libia nei centri di detenzione dove subiscono torture, stupri e  gravissime violenze come hanno denunciato le organizzazioni internazionali e vari reportage giornalistici.

Nel 2020 il Memorandum è stato prorogato per altri tre anni, senza modifiche, anche se il governo italiano  si era impegnato a rinegoziare l’accordo in un’ottima di maggiore attenzione ai diritti umani degli emigrati e dei rifugiati trattenuti in Libia.
Ma le organizzazioni internazionali sottolineano che non si è saputo più nulla, rispetto alla proposta libica di modifica del Memorandum, annunciata il 26 luglio 2020.
Nè tanto meno sono stati resi noti gli esiti della riunione del 2 luglio 2020 del Comitato Interministeriale italo-libico, o se ci sono stati nuovi incontri, e neppure a quali eventuali esiti finali sia giunto il negoziato che avrebbe portato un deciso cambio di rotta nei contenuti dell’accordo. 

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785 milioni spesi dall’Italia per sostenere un accordo fallimentare

Dal 2017 l’Italia ha speso la cifra record di 785 milioni di euro per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali italiane ed europee. Più di 210 milioni di euro sono stati spesi direttamente nel paese, ma purtroppo non hanno fatto altro che contribuire a destabilizzarlo ulteriormente e spinto i trafficanti di persone a convertire il business del contrabbando e della tratta di esseri umani, in industria della detenzione- denunciano le organizzazioni.

Nessun soccorso nel Mediterraneo Centrale

Le organizzazioni denunciano che dal 2017, secondo i dati secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), quasi 6.500 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo centrale, mentre tutti i governi che si sono succeduti hanno ostacolato l’attività delle navi umanitarie, senza fornire alternative.

Nel corso del 2020, l’Italia ha bloccato sei navi umanitarie con scuse pretestuose, contribuendo alla morte di 780 morti e al respingimento di oltre 12,000 persone.

La Libia non è un porto sicuro

Come è stato riconosciuto dalle organizzazioni internazionali, la Libia non è un luogo sicuro per far sbarcare le persone che stanno in mare perchè è un paese instabile e non vengono garantiti i diritti umani, come dimostrano le condizioni di vita dei centri di detenzione.

Numerose inchieste giornalistiche e relazioni delle organizzazioni internazionali hanno denunciato il  deterioramento delle condizioni di detenzione dei migranti in Libia, dove vengono consumati abusi, sommarie esecuzioni, torture e sparizioni forzate.

L’appello al Parlamento

Le organizzazioni chiedono al Parlamento di istituire una commissione d’inchiesta che indaghi sugli effetti reali dei fondi pubblici spesi in Libia sui naufraghi nel Mediterraneo e di presentare un testo che impegni il Governo a: interrompere l’accordo, non rinnovare le missioni militari in Libia, promuovere a livello europeo un piano di evacuazione dalla Libia, promuovere un l’approvazione di un meccanismo automatico per lo sbarco immediato sulle coste e riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie nella salvaguardia delle vite umane in mare.

Immagini di copertina: Medici senza Frontiere

 

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