Myanmar: due anni dal colpo di stato dell’esercito

A due anni dal colpo di stato dell’esercito birmano, gli atti di violenza contro i civili  si sono  ulteriormente intensificati. A questi si aggiungono l’insicurezza economica e l’emergenza sanitaria.

Oltre 3000 manifestanti sono stati uccisi,  oltre 13.000 sono detenute in condizioni inumane, gli sfollati sono un milione e mezzo, almeno 100 detenuti sono stati condannati a morte e quattro impiccati e, infine, sette milioni e 800.000 bambine e bambini non possono andare a scuola.
È questo il bilancio diffuso da Amnesty International, dei 24 mesi seguiti al colpo di stato militare del 1° febbraio 2021 in Myanmar.

Secondo i dati delle Nu, 1,2 milioni di persone sono  sfollate, oltre 70.000 hanno lasciato il paese. Informazioni attendibili indicano che oltre 34.000 strutture civili, tra cui case, cliniche, scuole e luoghi di culto, sono state bruciate negli ultimi due anni. L’economia del Myanmar è crollata con quasi la metà della popolazione che ora vive al di sotto della soglia di povertà.

A dicembre un tribunale controllato dalla giunta militare, ha condannato nuovamente la leader  Aung San Suu Kyi ad altri sette anni di carcere. Ad oggi Aung San Suu Kyi ha 19 accuse e rischia 33 anni di carcere

Nonostante i gravi rischi che corrono e la persecuzione che subiscono, persone di grande coraggio all’interno di Myanmar continuano a protestare pacificamente. Alla vigilia e nel giorno stesso dell’anniversario del colpo di stato, Amnesty International prenderà parte a iniziative di solidarietà in varie capitali del mondo, comprese Bangkok e Seul.

Il 22 dicembre 2022 il  Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) ha adottato  una risoluzione che chiede la cessazione della violenza in Myanmar e sollecita il rilascio dei prigionieri politici da parte del regime militare.

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