Nell’anno della pandemia 96 mila mamme hanno perso il lavoro

Nell’anno della pandemia 249 mila donne hanno perso il lavoro e 96 mila erano mamme. Molte donne a causa delle varie restrizioni, hanno dovuto rivedere le proprie posizioni lavorative, per seguire i figli minori, lasciati fuori dagli asili nido e dalle scuole materne.

Pesa  molto il divario tra Nord e Sud  con Campania e Calabria in coda. Questo è il quadro generale che emerge dal sesto rapporto di Save The Children Italia, chiamato “Le equilibriste“.

La situazione delle mamme in Italia prima della pandemia

Secondo il rapporto nel 2019 le dimissioni o le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro di  madri e padri lavoratori hanno riguardato 51.558 persone. Oltre 7 provvedimenti su 10 hanno interessato le lavoratrici madri. In quasi 21 mila casi la motivazione addotta dai padri e dalle madri è stata la difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze della prole. La principale causa è stata la mancanza di parenti per gli elevati costi degli asili nido o baby sitter.

La pandemia e la maternità

La pandemia ha ulteriormente peggiorato la già complicata situazione delle donne. Nel 2020 sono evaporati 456 mila posti di lavoro, dove  le più colpite sono le donne che rappresentano 249 mila unità (-2,5%) rispetto ai 207 mila uomini (-1,5%).

Guardando il versante delle madri, il saldo delle occupate fa segnare -96 mila donne tra il 2019 e 2020, di cui 77 mila in meno tra coloro che hanno un figlio/a in età prescolare, 46 mila in meno tra chi ha un figlio alla primaria, mentre risultano aumentate le mamme che hanno figli dagli 11 a 17 anni. I tassi di occupazione dei 15-64enni decrescono per entrambi i generi, passando al 67,2% per gli uomini (- 0,8%) e al 49% per le donne (- 1,1%). In questo modo, i divari di genere, già consistenti in precedenza, si esasperano e nel 2020 raggiungono la soglia del 18,2%, penalizzando come sempre, alcune aree.

Anche le donne che hanno potuto mantenere un lavoro, e lo hanno fatto da remoto, hanno riscontrato maggiori criticità con lo smart working, rispetto ai colleghi maschi: una delle ragioni è stata la difficoltà di conciliare il lavoro e la vita privata.

Secondo EIGE (istituto europeo per l’uguaglianza di genere) il lavoro digitale ha ulteriormente acuito i conflitti sull’equilibrio tra attività professionale e vita privata, soprattutto per le madri dei bambini piccoli tra 0-5 anni. Le madri, infatti, anche durante il lavoro a distanza, subiscono più dei padri interruzioni legate alle esigenze dei
bambini, cosa che alla lunga potrebbe incidere sulla produttività.

Le misure a favore delle famiglie

Durante la pandemia il Governo è intervenuto con due misure in particolare: il congedo parentale e il bonus baby sitter. Nel 2020 le domande accolte per il bonus baby-sitting sono state 1.078.173, da parte di 720 mila richiedenti (era necessario presentare una diversa domanda per ogni figlio), per un totale degli importi di quasi 1 miliardo di euro. a maggior parte delle domande è stata presentata da mamme: il 70% nel settore privato/autonomo e il 61% nel pubblico. Per il congedo straordinario, le donne che hanno fatto richiesta sono state quasi 4 su 5, il 78% dei richiedenti. Si tratta quindi di un chiaro segnale del sbilanciamento del carico familiare all’interno della coppia e anche del maggiore peso sostenuto dalle madri lavoratrici nel corso dell’emergenza rispetto ai padri.

VEDI ANCHE : L’ ASSEGNO UNICO E UNIVERSALE

L’indice delle Madri mostra un netto divario tra Nord e Sud

L’Istat per Save The Children ha elaborato l’indice delle Madri, ovvero l’indicatore che identifica le Regioni che si impegnano di più a sostenere la maternità in Italia. In particolare l’indice valuta: la cura, il lavoro e i servizi.

Secondo il rapporto “Le equilibriste” anche quest’anno sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly: qui si registrano dati ben oltre la media nazionale, rispetto a quelle del Sud, dove tutti e tre gli indicatori si posizionano al di sotto di tale media.  Le regioni più virtuose risultano: le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Valle d’Aosta (era al 4° posto) ed Emilia-Romagna (che perde una posizione). Fanalino di coda Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata.

Nonostante ci siano stati dei miglioramenti, l’indice delle Madri mostra un netto divario tra le regioni del Sud e quelle del Nord. Questo si traduce in uno scarso riconoscimento dei bisogni e delle necessità delle donne che vogliono diventare madri, soprattutto in determinate aree del Paese.

 

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