L’11 luglio la Corte europea dei diritti umani ha condannato la Turchia per non aver dato seguito alla richiesta del 2019, da parte della stessa Corte, di scarcerare immediatamente il prigioniero di coscienza Osman Kavala.
Nella nuova sentenza si legge che “è giunta alla conclusione che le misure attuate dalla Turchia non le hanno permesso di stabilire che lo stato parte abbia agito ‘in buona fede’ e in un modo compatibile con ‘le conclusioni e il senso’ del giudizio su Kavala”.
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Un passo indietro
Il filantropo e attivista della società civile turca, Osman Kavala, venne arrestato prima nel 2017 e poi nel 2020, con l’accusa di aver finanziato alcune manifestazioni nel 2013 a Gezi Park. Ma le accuse decaddero per insussistenza di prove, Kavala fu assolto e il tribunale ne ordinò la scarcerazione. Poche ore prima che il filantropo fosse libero, fu accusato di attività sovversive in relazione alle manifestazioni auto governative del 2016 contro Erdoğan.
Nel 2019 la Corte europea dei diritti umani stabilì che il diritto alla libertà dell’attivista era stato violato a causa dell’intento del governo turco di ridurre al silenzio il prigioniero di coscienza. Da allora, non solo la Turchia ha rifiutato di scarcerarlo ma ha aggiunto a suo carico nuove farsesche accuse.
Nel febbraio 2022 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, incaricato di verificare l’applicazione delle sentenze della Corte, ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti della Turchia per la sua mancata attuazione della sentenza del 2019, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 4, della Convenzione europea sui diritti umani.
L’ergastolo
Nonostante tutto, il 25 aprile 2022 il tribunale turco ha condannato all’ergastolo il filantropo e attivista della società civile turca Osman Kavala per il “tentativo di rovesciare il governo”. Secondo l’accusa, sarebbe stato tra gli ispiratori delle proteste di massa, ampiamente pacifiche, svoltesi nel 2013 al Gezi Park di Istanbul anche se non è mai stata prodotta alcuna prova per sostanziare il reato. Kavala è in carcere dal 2017.
Gli altri sette co-imputati (Mücella Yapıcı, Çiğdem Mater, Hakan Altınay, Mine Özerden, Can Atalay, Tayfun Kahraman e Yiğit Ali Ekmekçi) sono stati condannati a 18 anni per aver collaborato con Kavala.
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