Polonia, attivista condannata a 8 mesi di servizi sociali per aver prestato aiuto ad abortire

L’attivista e fondatrice dell’Abortion Dream Team, Justyna Wydrzyńska, è stata condannata a 8 mesi di servizi sociali per aver fornito a una donna che aveva subito violenza la pillola abortiva.

“La condanna odierna per Justyna Wydrzyńska è un esempio  della repressione contro le attiviste in Polonia. Le donne e le ragazze nel nostro Paese pagheranno un prezzo pesante per aver difeso i diritti riproduttivi”, ha dichiarato Agnes Callamard di Amnesty International.

“Questo caso – in Polonia, dove l’aborto è quasi del tutto vietato – costituisce un pericoloso precedente e mostra un quadro tragico delle conseguenze delle leggi così restrittive”, ha aggiunto Agnès Callamard.

“Justyna non dovrebbe essere assicurata alla giustizia perché quello che ha fatto non dovrebbe mai essere considerato un crimine. Sostenendo una donna che ha chiesto aiuto, Justyna ha mostrato compassione. Difendendo il diritto all’aborto sicuro in Polonia, Justyna ha mostrato coraggio. La sentenza odierna non mostra né l’uno né l’altro. La condanna deve essere annullata”, ha aggiunto Anna Błaszczak-Banasiak.

Il processo

Un anno fa, era iniziato in Polonia il primo processo in Europa nei confronti dell’attivista Justyna Wydrzynska accusata diaver prestato aiuto ad abortire” e di “possesso non autorizzato di medicinali allo scopo di immetterli nel mercato”.

 

L’11 gennaio 2023 si è svolta la quarta udienza presso il tribunale distrettuale del distretto Praga di Varsavia. Wydrzynska è stata  sostenuta da molti circoli e istituzioni in Polonia e all’estero. Una lettera in sua difesa è stata scritta da quattro relatori speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani e un membro di Renew Europe, un partito del Parlamento europeo.

La legge anti-aborto 

In Polonia è in vigore la legge che vieta l’aborto anche in casi di malformazioni gravi del feto. Da allora oltre 1000 donne si sono rivolte alla Corte europea dei diritti umani, sostenendo che la legislazione polacca causa gravi danni alle donne e viola i loro diritti alla riservatezza e alla libertà.

Amnesty International e altre otto organizzazioni si sono iscritte come terze parti alle cause avviate di fronte alla Corte europea dei diritti umani con l’obiettivo di fornire prove e analisi basate sul diritto internazionale dei diritti umani, sulla legislazione europea e sulle linee-guida dell’Organizzazione mondiale della sanità.

 A gennaio 2021 una donna di 37 anni, incinta, è deceduta dopo aver portato in grembo un feto morto per una settimana. Agnieszka ha lasciato un marito e tre figli. Per i familiari i medici l’hanno costretta a portare in grembo un feto morto, perchè temevano di mettere in pericolo il gemello. Ma poco dopo è morto anche il secondo feto. Dopo la rimozione dei due feti morti, le condizioni della donna si sono aggravate fino a giungere al decesso. L’ospedale si è difeso dichiarando che, dopo la morte del primo feto, si è adottato un approccio attendista perchè c’era la possibilità di salvare il secondo gemello. 

Sostieni il blog 

L’approfondimento è un blog  indipendente e gratuito. L’obiettivo è approfondire in maniera trasparente e oggettiva  le tematiche di attualità. Il lavoro di ricerca e approfondimento però richiedono tempo  e risorse. Una donazione, anche minima, sostiene il lavoro che c’è dietro e permette a tutti l’accesso gratuito ai contenuti. 


 

Immagine di copertina: Womenareurope

Sostieni il blog 

L’approfondimento è un blog di politica, esteri, economia, ambiente e diritti umani. Il lavoro di ricerca e approfondimento però richiedono tempo  e risorse. Una donazione, anche minima, sostiene il lavoro che c’è dietro. Grazie!


Condividi