Report di Legambiente: la pesante eredità nucleare in Italia

L’Italia, oltre a dover gestire la pesante eredità lasciata dalle centrali e dai depositi nucleari collocati in siti inidonei, pericolosi e spesso a rischio di esondazione, si trova a dover far i conti con il grande problema del traffico illecito di rifiuti radioattivi, causati anche dall’elevato costo di smaltimento. E’ quanto torna  a denunciare  Legambiente con il nuovo (l’ennesimo) report Rifiuti radioattivi, ieri, oggi e domani: un problema collettivo.”

I problema della gestione dei rifiuti radioattivi si è ripresentato all’opinione pubblica con la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee al deposito. Si è trattato di un primo passo per adempiere alla direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo, affinchè ogni Paese adotti un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi. La scadenza era il 2015, l’Italia come l’Austria e  laCroazia, non avendo rispettato le scadenze, lo scorso novembre la Commissione Europea ha aperto formalmente la procedura di infrazione.

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La questione non interessa solo l’Italia, ma tutta Europa. Infatti, in molti Paesi membri il tema è altrettanto complicato, frammentato e anche più delicato. Ci sono 126  impianti nucleari distribuiti in 14 Paesi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito) che detengono, insieme ai due Stati che hanno intrapreso la strada del decommissioning (Italia e Lituania), circa il 99,7% del volume totale dei rifiuti radioattivi stoccati nel continente.

I rifiuti radioattivi in Italia

In Italia, secondo gli ultimi dati forniti dall’ISIN2 (Ispettorato nazionale per la sicurezza
nucleare e la radioprotezione) sono presenti circa 31mila metri cubi di rifiuti radioattivi
collocati in 24 impianti distribuiti su 16 siti in 8 Regioni.
Oltre ai rifiuti radioattivi, tali impianti detengono anche il combustibile esaurito, le
sorgenti dismesse e materie nucleari.

I rifiuti radioattivi sono materiali solidi, liquidi o gassosi, contaminati da sostanze radioattive contenute nella massa del rifiuto. Questi rifiuti per un tempo variabile da pochi istanti a milioni di anni, sono in grado di emettere “radiazioni” che possono avere effetti negativi sia sull’ambiente che sull’uomo, hanno una specifica intensità radioattiva decrescente nel tempo.

Il combustibile esaurito è irraggiato e successivamente rimosso in modo definitivo dal nocciolo di un reattore; il combustibile esaurito, a sua volta, può essere ritrattato o riprocessato, per ottenere nuovo combustibile da riutilizzare, oppure essere destinato allo smaltimento definitivo, senza che siano previsti altri utilizzi, ed essere trattato al pari degli altri rifiuti radioattivi.

Le sorgenti dismesse, seppur non più utilizzate, possono essere potenzialmente radioattive anche se con minore intensità.

I rifiuti radioattivi sono prodotti da attività di impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, da attività sanitarie, di ricerca e per attività agricole.  Questo significa che i rifiuti radioattivi vengono prodotti in  tutta Europa, ma i Paesi devono essere in grado di gestirli all’interno del proprio territorio.

In Italia ci sono  31.000 metri cubi di materiali di cui circa 14.000 sono classificati ad
“attività molto bassa”, 12.500 di “bassa attività”, 3.000 a “media attività” e 1.400 a “vita molto breve”. A questi numeri, vanno aggiunti nei prossimi anni i rifiuti radioattivi ad alta attività che ritorneranno in Italia dopo il ritrattamento all’estero.

In 6 dei 24 depositi temporanei presenti in otto regioni si trova il  restante combustibile esaurito non inviato all’estero. Secondo i dati Ispra in Italia ci sono he 95 strutture autorizzate all’impiego di radioisotopi e macchine radiogene, ben
distribuite nelle varie regioni italiane. Di queste il 25% (24 in tutto) si trovano in Lombardia, il 16% (15) nel Lazio, il 9% (9) in Veneto e l’8% (8) in Emilia-Romagna.

L’inidoneità dei siti

I siti si sono rivelati inidonei a stoccare e tenere rifiuti radioattivi. Legambiente nel suo report ha preso in considerazione 17 storie dai territori.

Siti come l’ex centrale nucleare di Borgo Sabotino, a Latina, posta a meno di un chilometro dall’attuale linea di costa, o come le ex centrali di Garigliano e di Caorso, rispettivamente in provincia di Caserta e di Piacenza, entrambe poste in aree ad elevato rischio idrogeologico in quanto costruite a ridosso di due importanti fiumi come il Garigliano ed il Po. Analogo discorso vale per Saluggia, nel vercellese, dove in un punto a ridosso della Dora Baltea e a soli tre chilometri dalla confluenza con il Po, sono collocati ben tre impianti diversi (Eurex, LivaNova ed il deposito Avogadro), che hanno spesso corso il rischio di essere alluvionati e dove sono stoccati i rifiuti con la carica radioattiva più elevata (circa il 70% del totale presente in Italia). Non va meglio nel deposito di Rotondella (Mt) in Basilicata o di Statte (Ta) in Puglia, dove nel primo caso è stata accertata una grave ed illecita attività di scarico a mare dell’acqua contaminata, che non veniva in alcun modo trattata, e nell’altro i rifiuti attualmente gestiti si trovano in una situazione “seriamente preoccupante” a causa del “diffuso deterioramento della struttura”.

VEDI ANCHE Ex Cemerad, il sito dei rifiuti radioattivi che attende la bonifica completa.

Fenomeni illeciti nella gestione dei rifiuti

Preoccupano in Italia i traffici e la gestione illecita di rifiuti e materiale radioattivo.  Dal 2015 al 2019 sono state denunciate 29 persone, con 5 ordinanze di custodia cautelare,  38 le sanzioni penali comminate e 15 i sequestri effettuati a seguito di 130 controlli effettuati.

Lo scorso 9 febbraio la Guardia di Finanza e la Squadra Mobile di Lecco hanno smantellato un’associazione a delinquere collegata alla ndrangheta, attiva nel traffico illecito di rifiuti, tra cui 16 tonnellate di rame tranciato contaminato radioattivamente. Questo è solo uno dei diversi episodi illegali ripetuti nel tempi.

Infatti- prosegue il rapporto di Legambiente- è proprio sul materiale ferroso in cui vengono occultati i materiali radioattivi, si concentrano le preoccupazioni già espresse negli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’ecomafie. Negli atti trasmessi al Parlamento lo scorso luglio si dice: “Una costante e sempre maggiore attenzione viene rivolta ai depositi incontrollati di materiali radioattivi e ai siti contaminati accidentalmente a seguito di fusione di sorgenti radioattive di verificatesi principalmente nel ciclo di produzione siderurgica da rottami metallici.”

Il modus operandi è quello di far scomparire materiali contaminati o sorgenti radioattive da dismettere nei flussi di rifiuti gestiti più o meno in modo legale.

Le attività illecite sono ulteriormente favorite dalla mancanza di tracciabilità dei rifiuti radioattivi prodotti dalle strutture sanitarie o in attività industriali. Il monitoraggio ei rifiuti avviene sulla base di comunicazioni volontarie da parte dei soggetti che li producono, rendendo cosi la vita facile a chi non vuole sostenere i costi di uno smantellamento dei rifiuti radioattivi, e complicandola a chi deve controllare e indagare.

Legambiente: “In Italia i rifiuti sono in depositi inidonei e pericolosi e vengono anche smaltiti illegalmente. Occorre trovare una localizzazione trasparente e partecipata per il deposito dei rifiuti a media e bassa attività, chiudere l’accordo per smaltire in un paese europeo quelli più radioattivi e far entrare a regime il sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti radioattivi previsto dal decreto legislativo 101/2020 che introduce anche sanzioni amministrative e penali in caso di violazioni”

I rifiuti radioattivi in Europa

Secondo il report della Commissione Europea, in Europa attualmente sono presenti 126 impianti nucleari distribuiti in 14 paesi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Olanda, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito). In questi paesi, insieme ai 2 che hanno intrapreso la strada del decommissioning (Italia e Lituania), si trova circa il 99,7% del volume totale dei rifiuti radioattivi stoccati in UE. Oltre alle centrali nucleari attive per la produzione di energia, in UE ci sono 90 impianti spenti, 3 in fase di decommissioning e 82 impianti utilizzati in ambito di ricerca, distribuiti in 19 Stati Membri (ai 16 elencati precedentemente si aggiungono Croazia, Polonia e Svizzera) che comunque producono rifiuti radioattivi.

 

Immagine di copertina: pixabay.com

 

 

 

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