“Nel nostro Paese ci sono due bambini, nati lo stesso anno. Una si chiama Carla e vive a Firenze, l’altro Fabio e vive a Napoli. Hanno entrambi dieci anni e frequentano la quinta elementare in una scuola della loro città”. Ma mentre la bambina toscana, secondo i dati SVIMEZ, ha avuto garantita dallo stato 1226 ore di formazione; il bambino cresciuto a Napoli non ha avuto a disposizione la stessa offerta educativa, perché nel Mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno. Secondo la SVIMEZ, infatti, un bambino di Napoli, o che vive nel Mezzogiorno, frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel centro-nord che coincide di fatto con un anno di scuola persa per il bambino del sud.
Divari nelle infrastrutture scolastiche
Secondo i dati Svimez, nel Mezzogiorno, circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200 mila (87%), in Sicilia 184 mila (88%), in Puglia 100 mila (65%), in Calabria 60 mila (80%). Nel Centro-Nord, gli studenti senza mensa sono 700 mila, il 46% del totale.
A causa delle carenze infrastrutturali, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord. La Basilicata (48%) è l’unica regione del Sud con valori prossimi a quelli del Nord. Bassi i valori di Umbria (28%) e Marche (30%), molto bassi quelli di Molise (8%) e Sicilia (10%). Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di circa 200 ore.
Circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano inoltre scuole dotate di una palestra. Solo la Puglia presenta una buona dotazione di palestre, mentre registrano un netto ritardo la Campania (170 mila allievi privi del servizio, 73% del totale), la Sicilia (170 mila, 81%), la Calabria (65 mila, 83%).
Nel Centro-Nord, gli allievi della primaria senza palestra, invece, raggiungono il 54%. Analogamente, il 57% degli alunni meridionali della scuola secondaria di secondo grado non ha accesso a una palestra; la stessa percentuale che si registra nella scuola secondaria di primo grado.
Questo divario infrastrutturale è dannoso a livello psico fisico. Nel meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni, infatti, è in sovrappeso, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro Nord. Nel Centro Nord il 42% della popolazione adulta pratica sport regolarmente e il 26,8% saltuariamente. Nel Mezzogiorno invece le percentuali si invertono: la maggioranza pratica sport saltuariamente (33,2%) mentre la minoranza lo pratica abitualmente (27,2%). Il divario si riflette sulla percentuale di sedentari, con particolare riferimento per i minori: 15% nel Centro Nord e 22% nel Centro Sud. Ma ancor più allarmante è il dato sulle aspettative di vita: Nel Mezzogiorno sono inferiori di tre anni rispetto a quelle degli adulti centro-settentrionali.
L’indebolimento delle politiche per l’istruzione
Dallo studio risulta un progressivo disinvestimento dalla filiera dell’istruzione che ha interessato soprattutto le regioni del Sud. Tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. Ancora più marcato il differenziale a svantaggio del Sud nel calo della spesa per investimenti, calati di quasi un terzo contro “solo” il 23% nel resto del Paese.
Significativo è il rapporto tra spesa e studenti, dal quale risulta uno scarto sfavorevole al Sud, dove la spesa per studente è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.080 euro per studente contro 5.185). Lo scarto aumenta se si considera il solo comparto della scuola, con una spesa per studente di 6.025 euro al Sud contro un valore di 6.395 nel Centro-Nord. Lo scarto è ancora più significativo se si guarda alla sola spesa per investimenti: 34,6 contro 51 euro per studente.
La debolezza dell’offerta scolastica e, più in generale, la limitata qualità dei servizi pubblici alimenta il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile che, a loro volta, comprimono il numero di alunni, con il conseguente adeguamento al ribasso dell’“offerta” di istruzione. Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Mezzogiorno (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250.000 unità (-75.000 nel Centro-Nord).
Secondo il Direttore della SVIMEZ Luca Bianchi, “per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il PNRR è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, tuttavia l’allocazione delle risorse deve essere resa più coerente con l’analisi dei fabbisogni di investimento, superando i vincoli di capacità ammnistrativa. La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di ’autonomia, è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di “fare uguaglianza”.