Dal 17 febbraio è in vigore il decreto-legge che blocca la cessione di crediti d’imposta.
“Si tratta di una misura d’impatto che si rende necessario per bloccare gli effetti di una politica scellerata usata anche in campagna elettorale e che ha prodotto beneficio per alcuni cittadini ma posto alla fine in carico a ciascun italiano 2mila euro a testa.” ha dichiarato il ministro dell’Economia Giorgetti.
” Il decreto ha un duplice obiettivo: cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici”. Le norme sono state approvate “con grande responsabilità e avendo bene in testa la necessità di fare tutto ciò che è possibile soprattutto nei confronti della categoria delle imprese edili che in questo momento riscontrano una difficoltà finanziaria rispetto alla possibilità di scontare i crediti maturati nel 2021, 2022 e questa prima fase del 2023”. Ha aggiunto Giorgetti.
Il decreto legge
Dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non è più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non è più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.
Sono abrogate le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:
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- spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
- spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.
Inoltre, è stato deciso che le associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto-legge saranno sentite dal Governo il prossimo 20 febbraio.
L’agevolazione fiscale permetteva ai cittadini la realizzazione gratuita di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Infine, incentivava il settore delle costruzioni e quindi sosteneva l’occupazione.
Per fare questa lo stato ha speso tanti soldi.
Nella versione originale si consentiva di cedere il credito ad altre società o enti per un numero illimitato di volte. Il passaggio a diverse società e intermediari ha determinato casi di frodi fiscali. Il governo Draghi ha cercato di mettere un limite.
Le reazioni
Dura è stata la reazione del presidente del M5s Giuseppe Conte: “Si gioca sulla pelle di lavoratori e famiglie e si mette a repentaglio il futuro di almeno 25 mila aziende dell’edilizia, 130 mila posti di lavoro.”
Il presidente dell’Ance, Dario Costantini, in un’intervista a Repubblica ha dichiarato che il blocco fermerà il mercato e metterà in ginocchio oltre 40mila imprese della filiera. “Domani mattina tantissime imprese non usciranno con i furgoni a lavorare“ ha dichiarato Costantini.
“Il Governo cancella la possibilità di cedere il credito fiscale e di ottenere lo sconto in fattura non solo per il superbonus 110% – ora già 90% -, ma anche per tutti i bonus edilizi, energetici, antisismici e per quelli finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche, senza alcun confronto con le rappresentanze dei lavoratori e con i sindacati che tutelano gli inquilini”. Lo affermano, in una nota, Cgil Nazionale e Sunia.
“È il colpo di grazia agli interventi di riqualificazione, efficientamento e messa in sicurezza che colpisce, oltre al sistema produttivo – con la sicura chiusura di imprese e perdita di migliaia di posti di lavoro – i contribuenti con bassi redditi i quali, privati di questi insostituibili strumenti di sostegno reale, non potranno utilizzare la detrazione pluriennale, perché incapienti rispetto all’entità dei lavori. Insomma, condomìni e case popolari saranno di fatto esclusi, dopo i già restrittivi termini fissati in legge di Bilancio, da qualsiasi processo di riqualificazione del patrimonio”, concludono Cgil e Sunia.