Trattato di Maastricht, 31 anni fa la firma

Il 7 febbraio 1992,  i rappresentati di 12 stati firmarono il Trattato di Maastricht, noto come Trattato sull’Unione europea (TUE).

Entrato in vigore il 1 novembre 1993, il Trattato ha definito i cosiddetti tre pilastri dell’Unione europea, quali le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune, la cooperazione nei settori di giustizia e degli affari interni, fissando anche le regole politiche, economiche e sociali, necessarie per l’ingresso dei vari Stati all’Unione.

Il Trattato di Maastricht è stato il risultato di un processo lungo e complicato. Quel percorso risale agli anni ’50, quando le nazioni fondatrici dell’integrazione europea (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Germania Ovest) mossero i primi passi verso un’Europa unita.

I Trattati di Roma, stipulati nel 1957,  posero le basi per un mercato europeo comune, che prevedeva la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali tra gli Stati membri. Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi fondarono, tra gli altri, la Comunità Economica Europea,

Nel giugno del 1988 durante il Consiglio europeo tenutosi ad Hannover  si ricordò che con l’adozione dell’Atto Unico europeo del 1986 i Paesi membri avevano confermato l’obiettivo di realizzare progressivamente l’unione economica e monetaria. Per questo fine i capi di stato e di governo conferirono a un comitato presieduto da Jacques Delors, presidente della Commissione europea, la missione di studiare le tappe che portarono poi all’Unione economica e monetaria.

Il rapporto Delors mise in chiaro che la creazione dell’Unione economica e monetaria avrebbe modificato profondamente le legislazioni nazionali, con il  trasferimento del potere decisionale dagli stati membri alla comunità, soprattutto nei campi della politica monetaria  e macroeconomica. 

Il Patto di Stabilità 

Il Trattato di Maastricht è ricordato soprattutto per i requisiti economico-finanziari che gli Stati Membri dovevano soddisfare per entrare nell’unione economica e finanziaria europea. I parametri previsti erano quattro: l’inflazione al di sotto dell’1,5%, il debito pubblico non doveva superare il 60%, i tassi d’interesse non dovevano eccedere il 2% rispetto ai primi tre Stati che avevano ottenuto risultati migliori e il tasso di cambio stabile. 

Dopo cinque anni è seguito il Patto di Stabilità che ha recepito gli stessi parametri. L’attuazione è stata sospesa a marzo 2020 con la pandemia da Covid-19. L’Italia e la Francia, paesi con un debito pubblico importante, puntano ad ammorbidire i parametri. Mentre la Germania frena e ritiene che i Paesi più indebitati debbano ricorrere ai ripari. 

 

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